Ali Abbasi e il serial killer iraniano: “Non volevo scandalizzare”

E' uno dei titoli più attesi del concorso di Cannes 75 Holy Spider di Ali Abbasi, curioso anche perché il cinema iraniano non conta molto serial killer nella sua storia


CANNES – Era uno dei titoli più attesi del concorso di Cannes 75 Holy Spider di Ali Abbasi, regista nato a Teheran ma naturalizzato danese dopo gli studi di cinema a Copenaghen. Un film interessante perché getta una luce inedita sull’Iran e perché nel cinema iraniano il tema dei serial killer è praticamente inedito.

Protagonista Saeed (Mehdi Bajestani), muratore e padre di famiglia che di notte cerca di ‘ripulire’ la città santa di Mashhad, dove abita con moglie e figli, dalle prostitute. Nella prima scena vediamo una di loro salutare la figlioletta e truccarsi per andare ad adescare clienti in strada. La donna si imbatte nel ‘giustiziere’ che la carica sulla sua motocicletta e la porta in in quartiere isolato dove la strangola con la sciarpa che le copre i capelli secondo il costume islamico. Poi trasporta il cadavere, lo abbandona a un crocevia e telefona al redattore di cronaca nera del giornale cittadino per vantarsi del delitto. Le prostitute per Saeed sono esseri da eliminare, che “offendono il sangue dei martiri”. Mentre la polizia è sulle sue tracce, arriva da Teheran una giornalista (interpretata da Zar Amir Ebrahimi), ragazza moderna che viene percepita in quel contesto come molto spregiudicata e che cerca di capirci qualcosa anche intervistando le reticenti prostitute e parlando con poliziotti e autorità religiose, tutti piuttosto reticenti: in effetti c’è anche qualcuno che considera Saeed “un eroe” che non andrebbe arrestato e processato.

Basato su una storia vera, il film contiene scene hard, davvero inedite nel cinema iraniano, tra cui una fellatio. Scritto dallo stesso Abbasi, già autore di Border – creature di confine, sarà distribuito in Italia da Academy Two. In conferenza stampa il regista insiste sul fatto che Holy Spider non vuole scandalizzare ma piuttosto raccontare una storia vera. Infatti parte dall’uccisione di 16 prostitute nella città santa di Mashhad, fatti avvenuti tra il 2000 e il 2001. “Non sono un fan dei film sui serial killer – ha spiegato il regista – all’epoca vivevo in Iran e leggevo i giornali come tutti, ma la vicenda mi ha cominciato ad appassionare quando un segmento della società iraniana ha definito l’assassino come un eroe anziché un uomo malato e omicida”.

Abbasi sottolinea che il film offre la sua visione dei fatti. “Sarebbe immorale vederlo come verità e non una rappresentazione”. E aggiunge: “Negli ultimi 50 anni abbiamo mostrato una realtà parallela: le donne nei nostri film non hanno mai il capo scoperto, neanche quando dormono. Non fanno sesso, non hanno un corpo né esigenze corporali”.

Racconta che per Holy Spider non ha avuto il permesso di girare in Iran e il set si è spostato in Giordania. “Sono stato dai ministri della Cultura e dell’Islam – racconta – ho preso il tè con loro, ho mostrato la sceneggiatura, togliendo qualche scena. Ero pronto a fare dei compromessi, ma un anno dopo era ancora tutto fermo. Per me nel film non c’è nulla di provocatorio, gli iraniani hanno una vita sessuale, esiste la prostituzione come in tutte le grandi città del mondo e queste cose le ho mostrate”.

E ancora: “Parlo anche della povertà. Le donne iraniane vivono in miseria, si sposano a 14 anni, a 23 hanno già due figli”. E conclude: “Non è un film contro il governo iraniano né contro nessun altro. Non credo che Chinatown di Roman Polanski fosse un film contro l’America”. 

Cristiana Paternò
24 Maggio 2022

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