Laurent & Davis a ‘Women in motion’: “l’industria è ancora troppo maschilista!”

La Fondazione Kering ha celebrato il contributo delle donne nel cinema con una serie di appuntamenti con le protagoniste della settima arte


CANNES – Anche quest’anno la Fondazione Kering ha celebrato il contributo delle donne nel cinema con una serie di appuntamenti con le protagoniste della settima arte dal titolo Women in Motion. Tra loro anche Mélanie Laurent e Viola Davis, che in un incontro dal vivo con i giornalisti, e in streaming con il pubblico, hanno spiegato ognuna il proprio punto di vista riguardo all’industria cinematografica che ancora oggi è troppo maschilista e non dà abbastanza spazio alle figure femminili di emergere.

Per Laurent il sessismo è tuttora imperante nel settore, nonostante siano passati diversi anni dallo scandalo Weinstein e si sia cercato di fare qualcosa con il movimento #MeToo. “Mi capita ancora di assistere a scene senza senso in alcune riprese. Sono sempre esistite, solo che prima nessuno diceva nulla, le attrici non ne parlavano neppure tra di loro – ha raccontato l’attrice, regista e attivista francese, 39 anni – Sicuramente adesso è diverso, c’è anche più sorellanza tra noi, anche se a volte siamo capaci di crudeltà l’una contro l’altra”. Ancora c’è molto da fare perché si possa arrivare a una parità di genere.

“Sono una femminista convinta, ma oggi mi rendo conto di stare crescendo il mio primogenito e la mia seconda figlia in maniera diversa. Credo di aver protetto il primo, mentre insegno all’altra a difendersi”, ha detto.

Nella sua carriera Davis, attivista del movimento Black Lives Matter, si è sentita più volte discriminata, per il colore della sua pelle e non solo in quanto donna. “Le opportunità per un afroamericano sono ancora molto limitate nel cinema – ha denunciato l’attrice premio Oscar per Barriere – Con mio marito Julius Tennon ho fondato la Juvee Productions per poter trovare del materiale giusto e importante da produrre”.

Per cambiare le cose, bisognerebbe partire dal modo di pensare delle persone: “Tutto sta nella mentalità della gente. So che quando ho lasciato Le regole del delitto perfetto non ci sarebbero state tante altre protagoniste nere di una serie tv o in streaming. Sono stata discriminata su una serie di progetti che per razzismo e mi si è spezzato il cuore – ha proseguito l’attrice – Se avessi i capelli biondi, gli occhi azzurri e un bel naso, sarebbe tutto diverso. Se volessi interpretare una madre che vive con la sua famiglia in un quartiere povero, ha un figlio che fa parte di una gang che viene assassinato durante una sparatoria, ci metterei poco a farlo. Se invece volessi interpretare una donna che per ritrovare se stessa vola fino a Nizza e fa l’amore con cinque uomini diversi all’età di 56 anni avrei grandi difficoltà a farlo produrre”.

Davis ha anche raccontato un episodio di discriminazione che ha dell’incredibile: “Durante la lavorazione di un film un regista mi ha chiamato più volte Louise, che poi ho scoperto essere il nome della sua governante”.

Sia Laurent che Davis si sono contraddistinte nella loro carriera, e in modo diverso, per la loro determinazione, nonostante le difficoltà. Talvolta la parigina ha fatto delle scelte che hanno portato il pubblico a criticarla. Ma lo ha fatto sempre dettata da una sincerità intellettuale. “A me piace raccontare storie, in qualunque forma possibile – ha detto – È sempre stato così sin da bambina, quando a ogni compleanno mettevo in scena uno spettacolo. Mia nonna mi ha trasmesso questa passione”. Protagonista di film come Je vais bien, ne t’en fais pas di Philippe Lioret che le è valso il premio César, e Il concerto di Radu Mihaileanu, ha anche lavorato in progetti americani, su tutti Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino e 6 Underground di Michael Bay.

“Quando ero negli Usa ricordo che durante un momento difficile delle riprese mi sono venute le lacrime agli occhi. Un membro del team mi ha detto che avrei potuto mostrare le mie debolezze. È stato qualcosa a cui non potevo credere. A noi donne è proibito svenire ogni tanto. In quel caso sono crollata e questo non ha impedito la realizzazione del film”.

Da femminista in molti suoi film da regista, come Le bal des folles, ha deciso di dirigere delle donne. “Però non faccio film femministi appositamente – ha tenuto a sottolineare – E poi ci sono tanti modi di essere femminista quante sono le donne”. Il prossimo lavoro sarà un action con acrobazie, esplosioni e armi pesanti: “Non sempre vengo presa sul serio come donna. Ma anche se non ne so niente sull’argomento, fingo di essere sempre preparata. È fondamentale quando sei una regista”.

Gli ultimi anni, con la pandemia di mezzo, non sono stati facili per Davis. “Ho vissuto una crisi esistenziale molto forte”, ha confessato. Ma è anche in quel periodo che ha iniziato a scrivere il libro autobiografico ‘Finding Me’ e cominciato a guardare chi c’era intorno a lei, anche i suoi “simili bianchi, in maniera diversa. Non in modo negativo o positivo, ma più consapevole. Ogni volta che si vive una crisi esistenziale l’unica cosa da fare è resettare tutto e ricominciare.

È quello che ho fatto, anche scrivendo la mia biografia. Sposo la frase di Anne Lamotte che dice: il coraggio è la paura recitata attraverso le preghiere. Sono molto brava a rendermi conto che ho timore, ansia e dubbi su me stessa, ma questo non mi trattiene dal guardare verso il futuro”.

Giulia Bianconi
24 Maggio 2022

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