Barbera: “Cinecittà si misura con il mercato globale”

Abbiamo incontrato il direttore che parla del boom di film italiani (250 opere prodotte quest’anno). Tra i momenti più importanti della Mostra l'incontro con l'Academy organizzato con Cinecittà


Il cinema italiano alla 79ma Mostra del Cinema di Venezia “c’è”, a partire dai cinque titoli in Concorso (qui l’articolo dedicato), ed è proprio il soggetto della nostra produzione a occupare ampia parte dell’incontro che il direttore artistico Alberto Barbera e il presidente della Biennale Roberto Cicutto hanno riservato alla stampa.

Ecco la nostra intervista in video dove il direttore parla anche del rapporto con l’Academy: la Biennale insieme a Cinecittà ha organizzato il panel del 30 agosto, votato all’incontro tra l’istituzione di punta dell’industria americana e i player italiani. “Cinecittà – ha sottolineato Barbera – sta facendo un enorme investimento di innovazione tecnologica. Oggi ci si misura con un mercato globale e il ruolo di Cinecittà è irrinunciabile”. 

Poi Barbera parla del boom di film italiani: “Ho scoperto che tutti durante la pandemia hanno fatto film, è addirittura cresciuto il numero delle produzioni: in Italia si contano circa 250 titoli, qualcosa senza precedenti dagli anni ’60. L’anno scorso – per la selezione – ero stato molto positivo, fin troppo ottimista: quest’anno abbiamo dovuto fare i conti con un panorama di luci e ombre, nel senso che i film selezionati sono ottimi, eccellenti in alcuni casi, ma certo abbiamo visto tantissimi italiani e complessivamente mi sento di dire che si sia puntato sulla quantità; il numero massiccio di produzioni purtroppo è andato a danno della qualità. Lo sforzo fatto da tutti è stato d’intercettare flussi di finanziamenti, spesso rinunciando a quello che è indispensabile, come tempi di sceneggiatura o di ripresa; devo ammettere, un po’ a malincuore, di aver visto una grande quantità di film, ma molti al di sotto di una qualità accettabile, un limite che mi sembra un pericolo da evitare. È una bolla, con il rischio di scoppiare: tantissimi soldi, tantissimi film, ma quando si arriva al confronto cruciale con il pubblico possono essere dolori. Il tax credit al 40% è straordinario; i finanziamenti delle Film Commission sono tutt’altro che secondarie; il MiC contribuisce in maniera significativa, come Rai Cinema: non sono i soldi che mancano, ma cosa è successo? Con l’esigenza di intercettare le risorse, tutti si sono buttati a produrre, molti senza aspettare i tempi ‘necessari al cinema’: il risultato è una qualità che non è esattamente quella che ci si aspetterebbe dal cinema italiano”. 

Toccando poi i soggetti, invece, dei film selezionati, Barbera dice che: “se c’è un dato comune è una prevalenza di toni drammatici: le commedie sono pochissime, per non dire inesistenti; è come se le pesantezze senza precedenti degli ultimi due anni si fossero tradotte nei film in un incupimento, credo sia una cosa contingente, passeggera. Ci sono film personali, film biografici: moltissime storie personali sì, così come famigliari, come se la chiusura a cui ha costretto la pandemia avesse costretto tutti a fare i conti con sé e il proprio nucleo; anche se non mancano film esplicitamente politici”.

E a questo proposito, e sul tema sociale, il direttore Barbera annuncia che: “Ci sarà una giornata dedicata all’Ucraina e con gli iraniani stiamo ragionando, ma preciso che la selezione del film di Panahi non è un gesto politico: adesso si tratta di capire il modo migliore per Venezia di avviare un dialogo senza compiere passi sbagliati e inefficaci. Siamo alla punta dell’iceberg: stiamo assistendo a una recrudescenza degli attacchi alla libertà di espressione, in diversi Paesi, anche dove accade in maniera subdola ma altrettanto efficace, per esempio si parla poco della censura cinese. È un fenomeno che sta preoccupando e davvero, davvero significativo”. Invece, rispetto all’assenza di film russi in selezione Barbera chiarisce che “quelli arrivati erano pochissimi e nella maggior parte senza le caratteristiche per essere selezionati; in un solo caso non abbiamo potuto prenderlo, ovvero perché finanziato dal Ministero della Cultura russo, pertanto non avremmo potuto ospitarlo”. 

Eppure, nel complessivo panorama di bulimia produttiva e di avanzamento delle piattaforme, non solo però luoghi di fruizione, come puntualizza il direttore, si tocca anche il tema dalla sala: “C’è una trasformazione epocale in atto, non abbiamo idea del punto di caduta o arresto: sappiamo che il confronto e lo scontro è tra un sistema tradizionale e i nuovi player, gli streamers, produttori tra i maggiori dei contenuti mondiali, ma anche di film di qualità. Scompariranno le sale? Io sono convinto di no, è troppo presto per fare previsioni apocalittiche, poi quasi sempre sbagliate. In Italia c’è disaffezione o disattenzione del pubblico alla sala ma i motivi sono molti, tra cui l’offerta di prodotto. Sono ottimista: le sale che resistono rimarranno: certo, bisognerà cambiare distribuzione, programmazione, eventi. Non dobbiamo essere pessimisti a oltranza, siamo in una fase di assestamento: i due sistemi coesisteranno, a vantaggio di tutti”. 

Inevitabile, qui, pensare alle serie, due quelle presenti in selezione Fuori Concorso, e entrambe straniere, danesi, dirette da Refn e Lars Von Trier: “Ne abbiamo ricevute tantissime, italiane e qualcuna americana: non c’era una grandissima varietà e abbiamo scelto i due grandi autori perché dei fuoriclasse che si sono misurati con la serialità con risultati al di sopra della media. Non significa che tutte le serie italiane non fossero dignitose, diciamo che non c’era spazio per altre serie: abbiamo dovuto rinunciare a presentarne altre che, senza questi due player, probabilmente sarebbero entrate nella selezione”. 

E in questo panorama, qual è il ruolo dei festival oggi, dunque? “Si procede un po’ per tentativi, le trasformazioni sono in atto, la direzione della cultura in generale non è chiarissima: siamo tutti in fase sperimentale, cercando di anticipare: credo che Venezia – lo dico con un po’ di orgoglio – abbia cercato di star dietro in maniera efficace alle trasformazioni in corso. Siamo un Festival non solo di addetti ai lavori, ma con un pubblico raddoppiato negli ultimi anni e un numero crescente di spettatori giovani e giovanissimi, questo può succedere, purché si offrano i film giusti. Noi, da anni, tentiamo una scelta che non sia elitaria”.

Tema, quest’ultimo, che certamente facilita la chiamata in causa del cinema americano, per cui Barbera riflette: “ci sono i film degli Studios, poi quelli delle piattaforme: il rapporto di Venezia con il cinema americano è consolidato, c’è un’attenzione reciproca, confermata anche dal fatto che avremo nei primi giorni della Mostra la visita dei vertici dell’Academy, un’occasione di incontro e confronto. Per l’Academy, anche l’occasione di spiegare le linee politiche e programmatiche dei prossimi anni, per maggiore inclusione e internazionalizzazione; per noi sarà un modo per rafforzare un legame consolidato negli anni, evidente nella selezione che riusciamo a fare”. Il progetto è realizzato “in collaborazione con Cinecittà e Mastercard, e l’incontro principe sarà nella nuova sala conferenze, al terzo piano, alle 15 del 30 agosto”, precisa il presidente Cicutto.  

Informazione, quest’ultima della “nuova sala conferenze” che apre una parentesi sulle novità pragmatiche al Lido: l’attuale (la storica) sala delle conferenza stampa è dunque diventata una sala cinema. La ex Sala Casinò non esiste più e torna a essere un ristorante; poi ci sarà un nuovo cubo rosso, Sala Corinto, 340 posti nell’area del patinodromo: per una miglior programmazione, più repliche e un modo più agevole per seguire il Festival, le cui proiezioni saranno accessibili ancora previa prenotazione: “Non ci sarà Boxol ma una nuova società: stiamo lavorando da mesi alla messa a punto del nuovo sistema che verrà utilizzato: cambieranno un po’ le regole, per facilitare, ma credo non si possa tornare indietro”, aggiunge Barbera. Mentre, conferma il presidente, “no, non ci sarà più il muro”, quello che faceva da scudo al tappeto rosso. “Ci sono delle raccomandazioni, secondo le indicazioni delle autorità; non c’è l’obbligo della mascherina: noi ne raccomanderemo l’uso, con le sale a capacità 100%. Poi, ognuno farà secondo coscienza”.  

Nicole Bianchi
26 Luglio 2022

Venezia 79

Venezia 79

Biennale College: aperto il bando per l’edizione 2023

E' possibile iscriversi per team di nazionalità italiana composti da registi alla loro opera prima o seconda, associati a produttori che abbiano realizzato almeno tre audiovisivi

Venezia 79

Barbera: “E’ stato un festival intelligente e innovativo”

"Il cinema italiano ne esce bene. E anche Netflix". Bilancio di fine Mostra per il direttore Alberto Barbera e il presidente Roberto Cicutto. Si registra un +6% di biglietti venduti rispetto al 2019. Tra i temi toccati anche il Leone del futuro ad Alice Diop, documentarista attiva da più di dieci anni

Venezia 79

Guadagnino: “Bones And All, una storia d’amore viscerale e inesorabile”

Abbiamo incontrato il regista Leone d’argento – Miglior Regia: “Non penso sia un film horror ma una storia d’amore, come non credo che L’Esorcista non sia un horror ma un film bergmaniano fatto a Hollywood”. Bones and All esce in Italia – e nel mondo – dal 23 novembre

Venezia 79

Panahi e Nan Goldin, sedie vuote e sete di libertà

A volte i veri protagonisti sono gli assenti, come il regista dissidente Jafar Panahi, imprigionato da ormai due mesi, a cui Luca Guadagnino e Laura Poitras dedicano i loro premi


Ultimi aggiornamenti