Luca Guadagnino a Maratea: “Bones and All, la mia storia d’amore finale”

Il regista ha ricevuto il Premio Internazionale Basilicata, in attesa di presentare il suo film in concorso alla Mostra


MARATEA – Se parla di serie tv, cita Twin Peaks di Lynch o Berlin Alexanderplatz di Fassbinder e dichiara orgogliosamente “non guardo la tv, non sono abbonato a nessuna piattaforma” (anche se ha fatto We Are Who We Are per Sky). I social media, per lui, propongono “un’orgia di immagini e opinioni che azzera la complessità dei punti di vista. Sono una iattura”. Parlare di una cifra stilistica del suo cinema, poi, “sarebbe un gesto di hybris, io semmai sono interessato a mondi, sistemi, relazioni, generi”. In attesa di svelare il suo atteso Bones and All in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Luca Guadagnino si racconta alla Marateale in una informalissima masterclass su un prato dell’Hotel Santavenere di Maratea, con il sottofondo di un coro di cicale, ascoltato da una platea di ragazzi col sogno del cinema.

Quando gli si chiede come si sta preparando alla partecipazione alla Mostra, risponde “in questo momento sto lavorando a un nuovo film e ad agosto sarò impegnato in modo talmente intenso che non avrò il tempo di creare il distacco necessario per pensare al concorso. In passato sono stato in giuria e in concorso – aggiunge – Da giurato ho capito bene come funzionano le giurie, che hanno priorità completamente avulse dalle aspettative degli autori, della stampa e dal consenso che man mano si crea intorno a un film. Quentin Tarantino, che era presidente di giuria, ci chiese di non leggere nessun giornale in quei giorni per non subire influenze esterne. Io, che di solito leggo tutto, sospesi ogni lettura e vissi il festival in una sorta di cecità. Ci svegliammo il giorno dopo la premiazione con tutti che urlavano perché non avevamo premiato il film di Pablo Larraín. Era il favorito per la stampa, ma non ci aveva colpito. Mi resi conto così che tutto lascia il tempo che trova, quindi vado al festival cercando di divertirmi con i miei amici e indossando un bell’abito sul red carpet”.

In serata, intervistato sul palco dal direttore della Mostra di Venezia Alberto Barbera, prima di ricevere il Premio Internazionale Basilicata, il regista accenna qualcosa su Bones and All, che sarà distribuito in Italia da Vision Distribution, mentre MGM ha acquisito i diritti per la distribuzione internazionale: “È un film molto romantico. È stato posto molto l’accento sulla questione del cannibalismo perché è vero, i personaggi sono tutti descritti come “eaters”, hanno una malattia e sono condannati dalla loro natura, ma pur in questa natura impossibile che li strappa dalla società e li rende degli emarginati nasce una storia d’amore tra il personaggio di Taylor Russell e quello di Timothée Chalamet. È la storia d’amore più intensa che ho girato, una storia d’amore finale”, dice.

Sul suo protagonista, asceso all’olimpo del cinema mondiale grazie al suo Call Me by Your Name, dice: “Mi tocca nel profondo veder crescere un ragazzo ed essere testimone del suo divenire uomo in un percorso di condivisione di cose importanti come fare dei film, ma è anche una cosa privata e personale, perché siamo amici, perciò mi riesce difficile parlarne. Ma posso dire che Timothée è un ragazzo di intelligenza superiore e di sensibilità emotiva straordinaria”.

Quello di Luca Guadagnino è un percorso artistico personalissimo, “mai lineare” e molto internazionale, la cui prossima tappa sarà Challengers con Zendaya (“La mia prima commedia, ambientata nel mondo del tennis”): “Ho fatto sempre ciò che volevo e ho sempre avuto piacere nel farlo, non sono mai stato frustrato. È un privilegio che ho costruito con molta determinazione nel corso della mia carriera cinematografica. Forse una sola vera volta, con Melissa P., al mio lavoro sono stati messi i blocca freni: è stata un’esperienza molto amareggiante, ma allo stesso tempo mi ha dato una libertà fortissima, perché mi ha fatto capire che non avrei più fatto un film di cui non avrei avuto il controllo assoluto. Perciò ho iniziato a produrre i miei film”. Riguardo al lavoro fuori dai confini, “non si tratta di film italiani o non italiani, ma di andare dove ti porta il desiderio. Non escludo niente, potrei fare domani un film in Italia con personaggi tutti italiani. Il cinema non può essere ricondotto alla nazionalità dei registi e le cinematografie nazionali hanno, in un modo o nell’altro, tutte delle gravi disfunzioni, quindi girarci intorno è il modo migliore per evitare i problemi e approfittare delle virtù di ciascuna possibilità”.

Michela Greco
28 Luglio 2022

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