Il pataffio, ovvero il medioevo prossimo venturo

Un film che racconta l’Italia di ieri e di oggi a Locarno 75


“Quando ho avuto tra le mani il bellissimo romanzo di Luigi Malerba che si intitola Il pataffio, ho subito capito che trarne un film sarebbe stato un vero e proprio sogno. Io sono cresciuto ammirando tantissimo il Monicelli di L’armata Brancaleone, quel Medioevo straccione così diverso da quelli popolati da principesse e cavalieri. Ne ho parlato con Marta Donzelli e Gregorio Paonessa di Vivo Film, e l’idea è loro piaciuta. Così abbiamo fatto un film nel quale il Medioevo è oggi, è un periodo nel quale c’è un potere che stenta a legittimarsi, in cui ci sono grandi ingiustizie sociali e in cui i personaggi più sono cialtroni e più parlano”. Francesco Lagi, il regista di Il pataffio, non fa nulla per mascherare la grande emozione nel rappresentare l’Italia nel concorso di Locarno 75, con un film che uscirà in sala il 18 agosto.

Non certo una data qualunque e Valerio Mastandrea uno degli interpreti del film non manca di rimarcarlo: “l’uscita del film coincide con l’inizio della campagna elettorale e questo film a mio avviso è lo specchio dell’Italia che si appresta a votare. Anzi, credo che sia il più grosso spot elettorale degli ultimi vent’anni. Speriamo che rimanga in sala fino al giorno delle elezioni”.

E nel film effettivamente si esprimono, anche se si tratta di una fiaba, quelle tensioni politiche e sociali in cui è facile sovrapporre il passato e presente del nostro Paese, in cui ritroviamo i temi atavici della fame, della povertà e della dialettica tra popolo e oppressori e di cui tutti i personaggi si fanno in qualche modo portatori. A partire dalla coppia di interpreti principali  composta da Lino Musella e Viviana Cangiano: lui è un arricchito, un impostore che grazie a un matrimonio sogna un benessere che non raggiungerà mai, mentre lei è una giovane sposa che con ingenuità spera in un amore spirituale con risvolti carnali che non potrà mai conoscere. “Il mio personaggio – afferma Musella è un piccolo uomo che ha scoperto di poter possedere e questo è il primo passo di un lungo viaggio che lo porterà a desiderare in continuazione, ma anche a fuggire, a scappare da se stesso e da quello che ha fatto, un’anima disperata destinata a correr per sempre. Una figura tragica e ridicola allo stesso tempo. È l’immagine che ad esempio ho sempre avuto dei fascisti”. Cangiano invece, vera rivelazione di questo film, attrice ma anche raffinata cantante che da anni lavora sulla canzone della tradizione napoletana con il duo Ebbanesis, nei panni della principessa Bernarda è un punto bianco sullo sfondo nero, una zona di luce che dilaga nel buio di un mondo marcio dove tutti tirano a campare, allo stesso tempo vittime e carnefici della macchina del potere: “il mio è un personaggio fatto di contrasti, una donna dalla una fisicità importante e dallo spirito leggero, leggerissimo, che proprio per questo non trova il suo posto nella società (e questo anche perché è una donna), lei fa davvero la differenza e infatti mentre tutti intorno gli altri muoiono di fame  lei in qualche modo morirà di felicità. Interpretare questo ruolo è stato fondamentale per me, intanto perché ho avuto modo di misurarmi con un cast di attori bravissimi e prestigiosi e poi perché mi piace molto alternare il teatro, dove io nasco al cinema e alla musica, altra mia grande passione. Quando faccio l’attrice mi dimentico di essere una cantante, anche se in questo film qualche motivetto lo intono  e ne sono orgogliosa perché la musica qui è davvero notevole, porta la firma di Stefano Bollani”. Invece Lino Musella, che quest’anno ci ha già regalato una straordinaria interpretazione come protagonista di L’ombra del giorno di Giuseppe Piccioni, di certo non può riconoscersi nel suo personaggio e aggiunge: “È il tipico personaggio negativo, stupido, arrogante, l’uomo che vorreste odiare. Ma proprio per questo i suoi tempi comici sono perfetti, e mi sono davvero divertito”.

A Locarno, dove il film è arrivato accompagnato da molta parte del cast manca Alessandro Gassman, un prete decisamente sensibile ai piaceri terreni. Ci sono invece Giorgio Tirabassi (un contabile fedele fino in fondo al suo signore) e il già citato Valerio Mastandrea, un capopopolo pensoso e cinico (“il personaggio mi ricorda i mini sindaci dei quartieri di Roma, che hanno davvero il polso del sentire popolare proprio perché stanno in mezzo ala gente”). Tirabassi ironizza sul fatto di aver fatto ragioneria a scuola e di essere diventato un “ragioniere medievale”. Altra rivelazione del film è la coppia formata da Vincenzo Nemolato e Giovanni Ludeno, due fedelissime guardie omosessuali che solo alla fine del film vedranno incrinarsi la loro obbedienza servile al loro signore. Sono un po’ i Rosencrantz e Guildenstern di shakespeariana memoria, del film, i loro siparietti sanno essere allo stesso tempo comici e tragici, in ogni caso sempre centrati e ben recitati.

Caterina Taricano
06 Agosto 2022

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