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VENEZIA - Una sedia vuota. È questa l’unica traccia lasciata a Venezia 79 da Jafar Panahi, al di là del suo nuovo, delicatissimo film No Bears – Gli orsi non esistono, in Concorso. Il regista iraniano, infatti, non ha potuto prendere parte alla kermesse, in quanto è stato incarcerato come dissidente ormai da diverse settimane. Per fortuna, la sua presenza si percepisce fortemente lungo tutto lo scorrere della sua nuova opera, nella quale torna ancora protagonista dopo i successi e i premi di film “clandestini” come Closeid Curtain, Taxi Teheran e Tre volti.

Panahi, insomma, ci mette la faccia, raccontando una storia autobiografica in continuo dialogo tra realtà e finzione, simbolo e rappresentazione, storia e mito. Nel film, il regista interpreta sé stesso mentre si trova in un villaggio rurale iraniano a pochi chilometri dalla Turchia, da lì dirige a distanza e clandestinamente un film che si sta girando proprio dall’altra parte del confine, dove il regime dell’Iran non ha giurisdizione. La comunità che accoglie Panahi si divide tra la stima e la diffidenza nei confronti “di un uomo importante di città con una bella macchina”, ma la sua villeggiatura forzata si complica quando si trova invischiato in una disputa sentimentale che mette a repentaglio l’onore di un giovane uomo locale. In parallelo, continuano le riprese del film, che mettono in scena un’altra storia di amore e fuga, anche in questo caso sospesa tra verità e fiction.

Il cinema meta-narrativo di Panahi colpisce per l’ennesima volta nel segno, portandoci alla scoperta di tradizioni antiche che ancora condizionano la vita dei cittadini iraniani. In quei luoghi pericolosi in cui i contrabbandieri scorrazzano senza sosta, in cui internet prende a malapena e in cui nessuno scatta foto in continuazione col proprio cellulare, una donna è ancora costretta, con il benestare della legge locale, a sposare un uomo solo perché così è stato deciso il giorno della sua nascita. Il suo amore per un altro ragazzo e il loro tentativo di fuga acquisiscono le sembianze di una tragedia shakespeariana, in cui non c’è salvezza se non nel sacrificio. A questi Romeo e Giulietta si contrappone una coppia più matura, che da anni risiede e lavora in Turchia, nell’attesa di raggiungere illegalmente l’Europa. Contro di loro, però, non si oppone la forza inarrestabile della tradizione, ma quella dell’autorità legale, che gli impedisce di affrontare il viaggio insieme. Menzogne e frustrazione, daranno anche in questo caso spazio a una nuova tragedia, questa volta d’ispirazione greca.

Il regista può solo fare da spettatore inerme di queste due storie dolorose, privato della propria capacità di esprimersi e intervenire (e ben presto persino della propria libertà). Intorno a lui, nell’ombra, si muovono apparentemente degli orsi pericolosi e feroci che gli impediscono di agire. Ma gli “Orsi non esistono”, sono delle illusioni create per far prevalere l’autorità e le superstizioni sfruttando la paura. Al regista, per opporsi all’odio e alla violenza indicibile, non resta altro che usare l’unica arma in suo possesso: la macchina da presa.

La Mostra del Cinema di Venezia ha organizzato un flash mob sul red carpet, prima della proiezione del film, in solidarietà a Panahi e a tutti gli altri registi dissidenti incarcerati in Iran e nel resto del mondo. Davanti ai fotografi si sono schierati un centinaio di persone, inclusa l'intera giuria guidata da Julianne Moore, che ha portato un cartello con i volti di Panai e Rasoulof.

No Bears sarà distribuito in Italia dal 6 ottobre da Academy Two con il titolo Gli orsi non esistono.

 

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VENEZIA 79

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