‘Educazione Fisica’, Sergio Rubini: “il familismo, male italiano”

La palestra – ricreata a Cinecittà – come un’aula di tribunale alla JFK, in cui verità e mostruosità duellano, tra genitori, preside, accettazione e omissione: il film è diretto da Stefano Cipani


La palestra – opera teatrale di Giorgio Scianna, da cui la sceneggiatura dei fratelli D’Innocenzo – come un tribunale, di quelli alla JFK di Oliver Stone o Parola ai giurati di Sidney Lumet, propri del gusto del regista, Stefano Cipani (Mio Fratello Rincorre i Dinosauri) che ha diretto Educazione Fisica, un concetto che si destreggia tra verità e giudizio, in un duello tra genitori, preside, accettazione e omissione.

Il desiderio di Cipani era di “realizzare un film intelligente, scioccante, emotivo, vicino al pubblico e al contempo personale, personalizzato; un classico senza fronzoli, dove tutto è rivolto alla discussione”.

“Ho letto la pièce nel 2014 e ho trovato fosse perfetta per un film da camera. Mi interessava l’assunzione della responsabilità e già la pièce denunciava l’atteggiamento da branco di questi genitori. Per la scrittura ho coinvolto i fratelli D’Innocenzo, dal talento inaudito: loro erano le persone giuste per dare coerenza stilistica ai miei personaggi. È stato un lavoro molto di squadra, con mie direzioni molto precise: c’è un personaggio in più, un cane in più e un finale diverso. Buñuel e il cinema rotoscope Anni ’70 sono stati riferimenti filosofici, per riuscire anche a bilanciare il mio retropensiero, per cui desideravo fosse mantenuta una cinica ironia”, spiega Cipani.

Per Giorgio Scianna, autore della pièce teatrale: “È stato molto affascinante. Per La palestra io pensavo a un conflitto che esplode tra dovere di genitori e una correttezza sociale. Oltre che, con una protezione eccessiva, un figlio non lo fai mai diventare adulto. La pièce teatrale per me era il meccanismo perfetto: il fascino è stato ritrovare questo gioco nel film, che trova un meccanismo tutto proprio di ricostruire il branco. C’è un continuo doppio fondo, di spazi, dei temi di scrittura e regia, che hanno scandagliato le emozioni nel loro divenire”.

L’unità di luogo – la palestra appunto, completamente allestita negli Studi di Cinecittà – è il “ring” – o anche la terra comune di un duello “western”, genere che viene chiamato alla mente anche dalla musica, iniziale soprattutto – che stringe sempre più forte i genitori dei tre alunni, chiamati dalla preside della media di provincia che frequentano, per via di una questione ostica, uno stupro reiterato alla compagnia Sonia, che “ha detto che sono stati i vostri figli … era sicura”. Il nucleo unico dello svolgimento fa crescere la ferocia reciproca e la mostruosità umana, mettendo in atto la manipolazione della verità.

“Il fatto di essere un unico ambiente è stato un limite creativo molto importante per far volare la fantasia”, dice Claudio Santamaria (Franco, borioso padre di Christian). “La fortuna di girare tutto in sequenza, un privilegio. Quando si girano film così non si è chiamati solo come attori ma come cittadini, come genitori: sono personaggi che arrivano al limite estremo della decadenza, sono grotteschi, surreali. La palestra è diventata simbolica del mondo che ci circonda, che non cambia mai, in cui si dicono spesso cose di cui c’è da vergognarsi solo a pensarle. Il fatto che fosse un ambiente chiuso ha rivelato la mostruosità dei personaggi”.

Sono Giovanna Mezzogiorno (la preside), Angela Finocchiaro e Sergio Rubini (Rossella e Aldo, modesti genitori adottivi di Arsen “il ragazzo di colore”), Raffella Rea (Carmen, mamma di Giordano), e appunto Santamaria, i corpi attoriali con cui Cipani ha potuto “lavorare in maniera organica, cronologica e totalizzante nella propria verbosità” e “il montaggio – di Jacopo Quadri – non lascia scampo a nessun personaggio, i quali sono sempre tutti presenti attraverso i piani d’ascolto che giocano un ruolo chiave nella lettura del film. Ho optato per un découpage classico le cui geometrie vengono dettate dall’emotività della scena”.

“Il lavoro insieme agli altri è stato fondamentale, ci voleva una coesione e una collaborazione, che credo si veda ci fosse. Sono arrivata al film perché Cipani è venuto a incontrarmi a Torino, dove vivo: una sceneggiatura può essere pazzesca ma se non c’è empatia non la faccio, e qui c’è stata. È stato un film complesso perché molto psicologico, molto parlato: psicologicamente era tosto. Stefano ci ha diretti con precisione, ci stava addosso, non mollava finché non era felice del risultato: in un film del genere ci vuole molta tenacia” per Giovanna Mezzogiorno.

Mentre per Rubini, il capro espiatorio, descrive il suo personaggio come “prima mite, timido, ma che poi sviluppa una razionalità per cui trova la quadra, fino a immolarsi. È un uomo semplice, senza l’energia e la veemenza del personaggio di Santamaria, ma ha il sale in testa per ribaltare la situazione. Il film ci mette alla prova, ci fa porre delle domande: è un film ricco ma anche un film che ci pone dinnanzi ad uno spaccato della nostra società. Racconta una società in cui le istituzioni hanno perso credibilità e il nostro male italiano è il familismo: nel tentativo di proteggere i figli, qui loro vogliono proteggere loro stessi”.

Per Angela Finocchiaro: “è stato anche complicato e interessante non giudicare il personaggio affidato; c’è stata l’oscurità di un terremoto improvviso. Cipani aveva chiarezza di vedute e anche se il posto è unico – la palestra, appunto – ha saputo portarci in ogni angolo, quasi far volare. È stata un’esperienza di allargamento di coscienza”.

Educazione Fisica è una produzione Paco Cinematografica con Rai Cinema e Luce Cinecittà, in coproduzione con Agresywna Banda

Nicole Bianchi
21 Ottobre 2022

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