Annie Ernaux: “Devo molto a Olmi e Scola”

Fresca di premio Nobel per la Letteratura, Annie Ernaux è ospite della Festa di Roma in qualità di autrice con il documentario Les années super 8, realizzato assieme al figlio David Ernaux-Briot


“Il cinema italiano è uno di quelli che mi ha più segnato. Nel mio libro L’événement parlo del film di Ermanno Olmi Il posto e forse il titolo del mio libro La Place viene da lì. Anche La strada di Fellini è stato molto importante per me e Gli anni è stato influenzato da Ballando ballando di Ettore Scola. C’è una forza del vostro realismo che manca al cinema francese, che spesso sta sopra le cose ed è estremamente parlato”.

Fresca di premio Nobel per la Letteratura, l’82enne Annie Ernaux è ospite della Festa di Roma in una affollata e partecipe serata al Maxxi. E’ qui, subito dopo un viaggio a New York, in qualità di autrice di cinema, con il documentario Annie Ernaux – I miei anni Super-8 che sarà distribuito da I Wonder Pictures. Lo ha realizzato assieme al figlio David Ernaux-Briot: si compone dei filmini di famiglia girati dall’ex marito Philippe Ernaux. Tra il 1972 e il 1981 con una piccola cinepresa, il marito aveva ripreso la vita quotidiana di questa coppia borghese con due figli: traslochi, viaggi, riunioni di famiglia, feste di Natale e compleanni, le prime vacanze sulla neve, l’arredamento delle case ma anche la dimensione politica e sociale. Il lavoro diventa intimo e profondo, assume significato, grazie alle parole della scrittrice francese che in controluce rivela sentimenti e non detti (è impressionante come il progressivo allontanamento della coppia, che porterà al divorzio, si riverberi nelle immagini). Ma c’è anche l’affermazione di una vocazione letteraria, l’insoddisfazione per la vita di moglie, la riflessione sulla divisione dei ruoli (lei, ad esempio, non tocca mai la cinepresa che è appannaggio dell’uomo), i cambiamenti in atto nella Francia con l’elezione successiva dei presidenti Pompidou, Giscard d’Estaing e Mitterrand, i grandi temi internazionali, visti attraverso successivi viaggi nel Cile di Allende, nell’Albania comunista di Enver Hoxha, nella Russia sovietica con le file interminabili al mausoleo di Lenin, nella Spagna subito dopo la caduta del franchismo, a Londra che definisce la città più esotica dell’Europa, in Marocco e in Germania.

Intervistata da Lorenzo Flabbi, editore con L’orma e traduttore dei suoi libri, tra cui il celebre Gli anni del 2008, Ernaux, portata al cinema da Audrey Diwan con La scelta di Anne, Leone d’oro a Venezia 2021, ha spiegato quanto le immagini siano importanti nella sua poetica ma anche quanto siano destinate a scomparire (“Salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più”).

“Il film è nato per caso quando abbiamo ripreso in mano le bobine Super-8 sepolte in un armadio, che David voleva far vedere ai suoi figli. Poi mi ha chiesto di commentarle, perché ero io la detentrice della memoria”. Cinque ore di filmati a cui l’autrice ha dato una voce – e un’anima – registrandosi durante il primo lockdown su un miniregistratore. “C’è un rapporto molto stretto tra Gli anni, il mio libro più ampio, e questo film – confida Ernaux – I Super-8 raccontano cose che conoscevo, la mia vita, la famiglia, il mondo tra il 1972 e il 1981, era un percorso muto che richiedeva un commento.  Scriverlo è stato diverso rispetto ai libri, perché qui ero soggetta alle immagini, non ero libera, mentre quando scrivo i miei libri sono legata a immagini mentali e ricordi. Ho costruito un racconto che non fosse autobiografia pura, ma che desse conto della famiglia, di me e del mondo. È stato più difficile scrivere questo testo che scrivere Gli anni“.

C’è un libro altrui che avrebbe voluto fosse suo? “Trent’anni fa avrei dato una risposta, magari avrei citato Les choses di Georges Perec, ma invecchiando ho l’impressione di dover compiere qualcosa e che ci sia una sola porta che mi corrisponda, come dice Kafka, il mio percorso è unico”.

Cristiana Paternò
22 Ottobre 2022

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