Un Pinocchio pacifista e antifascista per Guillermo Del Toro

Guillermo Del Toro reinventa la favola di Collodi, portata al cinema decine di volte. E ne fa una satira del fascismo e un manifesto antimilitarista


Un Pinocchio pacifista e antifascista, quello creato dal talentuoso cineasta messicano Guillermo Del Toro. Che afferma: “Per me era fondamentale mostrare un mondo in cui ognuno si comporta come un burattino e ubbidisce, mentre il vero burattino è l’unico a disubbidire”. E naturalmente torna alla mente un suo precedente lavoro, Il labirinto del fauno, dove era riuscito a contaminare alla perfezione gli orrori del franchismo e la guerra civile spagnola con una cifra fantasy molto personale ed efficace.

Non era facile né scontato reinventare la celebre fiaba di Carlo Collodi (1883), portata al cinema infinite volte (tra le versioni più celebri quella di Walt Disney del 1940, i film di Benigni e Matteo Garrone, la più recente firmata Zemeckis, senza dimenticare lo sceneggiato televisivo di Luigi Comencini e la versione fantascientifica di Spielberg in A.I.). Eppure Guillermo del Toro (Oscar per La forma dell’acqua) insieme al genio della stop-motion Mark Gustafson ci è riuscito appieno, imprimendo alle avventure del burattino di legno un grande calore umano e, al contempo, la capacità di fare satira sul fascismo e di far riflettere sulla brutalità della guerra. Non senza qualche incursione musical

Del Toro pensa da sempre a una versione in stop-motion – tecnica in cui si è cimentato fin da ragazzo – della favola italiana. “Ho immaginato – rivela il regista – un Pinocchio che fosse più vicino a Frankenstein, con un personaggio catapultato nel mondo che, senza preconcetti, deve scoprire chi è, qual è il suo ruolo e perché esiste”. E dunque ha ideato, grazie alle illustrazioni di Gris Grimly, un burattino gracile e sghembo, dal naso che cresce come un ramo d’albero e dagli arti dinoccolati e disarmonici. Un pezzo di legno, come Gesù sulla croce, che però, nel suo caso, tutti guardano con sospetto e ostilità e che deve conquistare anche l’amore di suo padre, il quale inizialmente lo rifiuta perché è troppo legato al ricordo idealizzato di un figlio morto.  

Il suo dodicesimo lungometraggio comincia infatti con il racconto, affidato all’arguzia del Grillo Sebastian, insetto eloquente e ironico, che ci fa fare la conoscenza di Geppetto e del suo immenso dramma: durante la prima guerra mondiale ha perso un figlio di 10 anni, Carlo, ucciso da una bomba caduta in chiesa. Inconsolabile, l’ebanista, nei fumi dell’alcol, realizza un burattino che prende vita grazie all’intervento di una creatura magica, versione mostruosa della Fata Turchina, una figura mitologica a metà tra una Chimera e una Sirena. In effetti i personaggi del libro ci sono tutti – da Lucignolo, che diventa un perfetto Balilla figlio del locale Podestà, a Mangiafuoco alias il Conte Volpe, nobile decaduto e talent scout perverso, fino alla Balena, pesce immenso e mostruoso che nuota tra le mine di un mare grigio ferro – ma gli elementi sono come rimescolati e reinventati in una visione del tutto personale che più di una volta sorprende e incanta lo spettatore, come nelle scene ambientate nell’aldilà e nei momenti musicali.

“Ci troviamo in un mondo che è diventato ancora più complesso negli ultimi decenni e i bambini ora si pongono domande ed esigono risposte su temi davvero complicati. Le loro emozioni sono complesse. È necessario parlare di ciò che è vero e falso, di quali legami tengono insieme una famiglia e del significato dell’essere umani e vivi. Questi sono temi, emozioni e idee importanti che al momento attraversano la mente di ogni bambino”, sostiene Del Toro. Che ha confezionato un film più per adulti che per piccini, dove troviamo anche una caricatura del Duce, rappresentato come un nanerottolo vendicativo e sguaiato.

Tra le voci della versione originale spiccano Ewan McGregor (il Grillo), Tilda Swinton (la Fata) e Christoph Waltz (il malvagio Conte Volpe), mentre Cate Blanchett è la guercia scimmietta Spazzatura, schiava del Conte Volpe che finirà per ribellarsi. Con una lavorazione durata circa nove anni e budget lievitati, il film è stato portato a termine grazie all’intervento di Netflix che lo programmerà dal 4 dicembre in alcune sale per poi portarlo sulla piattaforma dal 9 dicembre. 

Cristiana Paternò
17 Novembre 2022

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