‘Ipersonnia’, Stefano Accorsi nel limbo fantascientifico tra sogno e realtà

L'opera prima di Alberto Mascia, presentata fuori concorso al Torino Film Festival, è un thriller psicologico di stampo sci-fi in cui Stefano Accorsi deve risolvere il mistero dietro alla procedura Hy


“Ci sono pochi precedenti italiani di film di questo genere. Abbiamo formato una piccola pattuglia d’avanguardia per cercare di esplorare questi territori”. Con queste parole il regista esordiente Alberto Mascia presenta, nella prima conferenza stampa del 40mo Torino Film Festival, il film Ipersonnia in uscita nelle sale il 29 novembre. Presentato fuori concorso nella sezione Favolacce, si tratta di un thriller psicologico fantascientifico ambientato in un futuro prossimo in cui il governo italiano ha iniziato a utilizzare la procedura Hypnos per risolvere l’annoso problema delle carceri e della recidiva degli ex galeotti. I detenuti vengono costretti in uno stato di iper-sonno per un numero prestabilito di anni. Una volta finita la condanna, vengono reintrodotti nella società risultando inoffensivi.

Protagonista del film è Stefano Accorsi, che interpreta un medico di una struttura carceraria che si trova improvvisamente a essere imprigionato per delle colpe non chiare e costretto a subire a sua volta il sonno coatto. Rilasciato in libertà andrà a investigare la verità che si nasconde dietro un complotto molto più grande di lui, ma gli anni di iper-sonno hanno lasciato dei segni nella sua mente e la sua ricerca dovrà muoversi anche all’interno della propria coscienza.

“Ci sono dei rischi che ci siamo presi consapevolmente – spiega il regista in relazione all’ambiguità perenne tra sogno e realtà su cui si fonda il racconto – abbiamo messo in conto che il film a una prima visione potesse spiazzare, ma la speranza è che risulti comunque comprensibile nella sua linea generale, anche se sappiamo che qualche dubbio possa legittimamente rimanere allo spettatore. Per noi non è un limite, ma un valore aggiunto di questo tipo di film”.

“Pensavamo che, da un punto di vista drammaturgico, mischiare sogno e realtà e giocare sulla percezione del protagonista potesse essere una sfida interessante. – aggiunge lo sceneggiatore Enrico Saccà – Un modo per raccontare come certe realtà mentali, ricordi ossessivi, siano sempre presenti anche quando non ci sono. Continuiamo a rivivere a livello emotivo certe cose. Questo genere che lavora sulla percezione dello spettatore ci permetteva di indagare questo tema preciso. Il desiderio di allacciare lo spettatore facendogli credere cosa è reale e cosa no e tirandolo dentro nell’avventura emotiva del protagonista”.

Tra i tanti riferimenti palesi ci sono i film di David Cronenberg e quelli di Christopher Nolan, per un genere, quello del thriller psicologico sci-fi, che non ha tantissimi esponenti nel cinema italiano, soprattutto negli ultimi decenni. “Credo molto nella capacità del cinema di portarti altrove, – spiega Stefano Sardo, produttore del film con la sua Nightswim – spesso la produzione italiana si rassegna al perimetro di quello che è già stato fatto e non tenta di allargarlo con storie che osano. C’è una distanza tra quello che siamo come spettatori e quello che siamo come storyteller. Siamo molto più limitati. Ma il nostro cinema è stato capace di andare ben oltre i nostri confini, penso a Leone e Argento, dagli anni ’80 abbiamo rinunciato a quella vocazione. Ora è difficile ricostruire il patto con il pubblico. Ogni film che ci prova sembra un sasso lanciato in maniera estemporanea. Abbiamo seguito la scrittura perché si radica molto e ti impedisce di diventare velleitario”.

A fornire un’impalcatura emotiva a tutto il film e al complesso percorso del protagonista, ci sono diversi personaggi secondari, tra cui spicca la co-protagonista Caterina Shulha, vero e proprio motore dell’azione: “C’è una cosa che funziona alla base del film e che ci ha fatto credere nel progetto: è una storia d’amore, e questo che fa funzionare tutto. Una storia d’amore tra due personaggi soli e disperati. E devo ringraziare gli autori, perché è una storia chiara, nonostante le ambiguità”.

Ma il vero punto di forza di tutta la produzione, aldilà dei sua insita ambizione e della sua scrittura attenta, è la presenza di Stefano Accorsi, in ruolo estremamente complesso su cui si poggia l’intera resa emotiva del film: “Stefano ha quella rara dote di portare dalla sua parte l’empatia del pubblico. – conclude Stefano Sardo – Appena compare sullo schermo gli vuoi già bene. È un dato animale, istintivo, è una fortuna inconsapevole che hanno pochissimi attori. Serviva un attore capace di guidare il pubblico, perché il personaggio passa attraverso diversi stati d’animo, a volte è vittima, a volte salvatore. In questo disorientamento voluto, bisognava che ci fosse un sentimento forte che ancorasse lo spettatore nei vari passaggi. E Stefano è uno a cui accordi la tua fiducia”.

L’approfondimento video: guarda qui.

 

Carlo D'Acquisto
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