Maria Schrader: “In ‘She Said’ c’è qualcosa di più grande di Weinstein”

L’inchiesta del New York Times che diede il via al processo di incriminazione di Harvey Weinstein è alla base di She Said – Anche io il nuovo film della regista di Unorhodox, presentato fuori concorso


“È come se una diga si fosse infranta, caricata da questa enorme frustrazione. Ha prodotto risultati molto rumorosi e molto confusi. Ma è così che funzionano le rivoluzioni.” con queste parole Maria Schrader descrive il cambiamento avvenuto negli ultimi anni ad Hollywood, incarnato mediaticamente dal movimento #Metoo. Il nuovo film della regista dell’acclamata mini-serie Unorthodox, presentato fuori concorso al 40mo Torino Film Festival, racconta proprio la storia che più ha contribuito a compiere questa rivoluzione. She Said – Anche io è tratto dall’inchiesta bestseller She Said: Breaking the Sexual Harassment Story That Helped Ignite a Movement, scritta dalle giornaliste del New York Times Jodi Kantor e Megan Twohey, interpretate per l’occasione dalla due volte candidata all’Oscar Carey Mulligan e dalla candidata agli Emmy Zoe Kazan.

Queste due grandi giornaliste, con dedizione e sprezzo del pericolo, sono riuscite a rompere quel muro di silenzio e paura che copriva una quantità incalcolabile di abusi sessuali nel mondo dello spettacolo e non solo. E il film di Maria Schrader ripercorre quelle adrenaliniche settimane in cui si sono raccolte le prove contro Harvey Weinstein. Testimonianza dopo testimonianza, appare un quadro sempre più chiaro in tutto il suo terrificante e brutale realismo. “La sfida più grande, ma anche la più bella, è stata che si tratta di una storia vera, che ha avuto un impatto sul mondo. – racconta la regista tedesca – Ogni personaggio è una persona reale. Il New York Times ha titolato per la prima volta con un film di finzione: sono le loro storie che vengono raccontate. C’è tanta verità in questo film. Difficile non sentirsi intimidita da questa responsabilità. Realizzare un accurato ritratto di questo tipo di giornalismo investigativo e una precisa rappresentazione di queste donne coraggiose che raccontano le loro storie per la prima volta a un giornalista”.

Tematicamente molto centrale è il ruolo della voce. Quella voce che viene fin troppo spesso inascoltata e che si sceglie di non utilizzare per troppa paura. Schrader ci mostra innumerevoli testimonianze dell’orco Weinstein in azione e lo fa partendo sempre dalla voce delle sopravvissute. “Abbiamo avuto reali sopravvissute che hanno recitato nella parte di loro stesse, abbiamo avuto un terapista sul set. Ognuno sul set era molto sensibile, eravamo tutti là perché tenevamo all’argomento del film. Abbiamo aperto il progetto a tutte le persone coinvolte. Anche Gwyneth Paltrow ci ha donato la sua voce”.

Ma She Said è molto di più di un film-inchiesta: è una toccante rappresentazione di due grandi professioniste al lavoro, totalmente dedite a una storia che le tocca come donne e come madri: “Le protagoniste devono parlare con donne che condividono le loro storie più traumatiche. Tutto questo ha avuto un impatto sulle loro vite ovviamente e non sarebbe stato un ritratto completo se avessimo solo raccontato la parte investigativa. È molto diverso da un film come Tutti gli uomini del presidente in cui non c’è nessun accenno alla vita privata, ma ci sono solo persone con una missione da compiere. Anche quell’inchiesta ha cambiato la società, ma non in un modo così personale. Essere una madre lavoratrice è qualcosa di diverso rispetto a un qualsiasi ambiente lavorativo maschile. Jodie Megan si dovevano interrogare sulle grandi domande: cosa rappresenta l’uomo nella nostra società? E la donna? La sessualità dell’uomo e quella della donna. La vergogna fa parte dell’equazione? Sono tutte domande molto personali”.

Indubbiamente questo film, in uscita nelle sale a gennaio, avrà un’eco estremamente grande e servirà a rendere manifesti i meccanismi che hanno portato a questa inevitabile rivoluzione: “Come regista sono sempre interessata in un racconto che vada oltre il bianco e il nero. – conclude Schrader – L’ho sperimentato molto in Unorthodox, ci sono un sacco di domande a cui devi rispondere. Cosa mostrare e cosa no. Per me è importantissimo il momento della visita di Weinstein, in cui vediamo solo la faccia di Carey Mulligan. C’è qualcosa di più grande di lui in questo film.”

L’approfondimento video: guarda qui.

Carlo D'Acquisto
27 Novembre 2022

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