Sgarbi, Vittorio secondo Elisabetta

Vittorio – In un tempo fuori dal tempo, al TFF Fuori Concorso: la ricorrenza del 70° compleanno, non un ritratto agiografico ma un home movie che gioca a disturbare il senso del tempo


TORINO – “Vittorio è un uomo fuori dal tempo, non un super uomo“, “Vittorio è un vero stronzo”. “Vittorio non invecchia mai … si sta un po’ moderando, questo è insopportabile“, per Nicola Porro, mentre per Morgan “c’è gente che a 18 anni è morta, sono i borghesi“, parafrasando Jacques Brel. Vittorio è “un divulgatore di bellezza” e “Vittorio è attento ai dettagli come nessuno … capace di delicatezze mai riscontrate in nessun animo umano”, “è un po’ superomistico … tra Don Giovanni e il Super Uomo”, ma “Vittorio non si può comprare e neanche vendere“, è la certezza di Sauro Moretti, il manager. 

Vittorio, Sgarbi, compie 70 anni e li festeggia navigando sulla Stradivari, una motonave che scivola lungo il Po, dalla Boretto del pittore Ligabue, pensando di omaggiare anche Camillo e Peppone, e fino all’approdo a Ferrara, passando, con un cenno visivo, nella casa natale di Ro Ferrarese: ma per Vittorio stesso “la vecchiaia non c’è, la morte non c’è, quando la morte arriva si porta via anche la vecchiaia … la mia testa non invecchia”.  

Sull’imbarcazione lungo quel fiume caro a tutta la famiglia Sgarbi c’è lui, naturalmente, e c’è lei, Elisabetta, sua sorella, quasi esclusivamente in scena di spalle, addosso giacca di pelle e sciarpa fuxia, accessorio quest’ultimo che usa come “gioco” di disturbo dell’intervistato di turno e, tra le poche parole di lei per lui, una dichiarazione d’ammirazione e d’amore: “Vittorio non lo conosco, continuo a conoscerlo, e perciò lo amo”

Il documentario Vittorio – In un tempo fuori dal tempo, al TFF Fuori Concorso / Ritratti, è un filmino di famiglia, un home movie diretto da Elisabetta Sgarbi/Betty Wrong, che si costruisce tra l’8 e il 10 maggio 2022, la prima la data di nascita di Vittorio e giornata della crociera lungo il fiume, la seconda l’occasione “su terra ferma”, a Milano, per continuare a festeggiare il genetliaco tondo del fratello, entrambi momenti per far prendere forma a questo documento famigliare, che assurge a documento d’interesse collettivo per il suo soggetto, Vittorio Sgarbi appunto, oltre che per alcune delle voci che “lo raccontano”, tra queste, oltre alle citate, anche quella di Antonio Rezza, l’unico assente giustificato alle feste, ma presente nel film e a Torino, con la regista, ad accompagnare il doc. 

Il doc è dedicato “a Rina e Nino”, i genitori Sgarbi, e si articola sulle corde della malinconia innestate con la vivacità, con il senso dell’eternità e con il ricorrere della “generosità”, parola che ritorna spesso nel coro polifonico delle persone chiamate in causa, alla telecamera, a esprimere un parere su Vittorio. 

Questo film “racconta molto di chi l’ha fatto e di chi ne è l’oggetto. Una formula di documentario diversa da quelli fatti con le teste parlanti, perché ci sono pareri liberi, col filo conduttore insito nel rapporto tra la regista e il protagonista”, dice il direttore del TFF, Steve Della Casa, introducendolo a Torino. “Il compleanno come apoteosi del tempo subìto, il viaggio sul fiume come esorcismo del compleanno stesso, perché loro – gli Sgarbi – vivono in un tempo proprio, in cui non si rispetta quello stabilito”, prosegue Eugenio Lio

“È un film che ha sorpreso anche a me. Sono andata con un po’ di malavoglia alla festa di compleanno di mio fratello, perché non amo le feste di compleanno, ma non potevo sottrarmi. Non volevo mancasse Antonio Rezza e non potevo andare senza gli anarchici Extra Liscio. C’era però una strategia nella mia testa, per cui bisognava portare una macchina da presa. Non volevo fare un ritratto agiografico e volevo essere dispettosa proprio perché non amo le feste, così gioco col velo, disturbando anche la solennità delle risposte. È anche un film su di me, infatti l’ho firmato con doppia firma, è la prima volta: c’è il desiderio di disturbare sì, ma io sono una persona dolcissima per cui è un disturbo affettuoso”, così Elisabetta Sgarbi racconta il suo film. 

“L’approccio al film non era metodologico ma di tempesta e assalto, ‘violentando’ tutti i partecipanti, torchiando le verità nascoste. Fotograficamente la difficoltà è stata conciliare la luce violenta del Po, un fascino del momento”, riferisce Andrés Arce Maldonado, direttore della fotografia e storico compagno di viaggi cinematografici della Sgarbi. 

Ma lui, Vittorio Sgarbi, come pensa di questo specchio che mette in scena una celebrazione di lui quale soggetto assoluto? “Per fortuna nel governo non gli hanno dato un incarico che c’entri con il cinema, perché appena si spengono le luci dorme: forse resiste ad Amici Miei. Mi ha chiamato e detto: ‘a te che piace tanto il TFF, sai che c’è un film su di me?’ Senza avere la percezione. Però stanotte alle 3 mi ha richiamata, rendendosi conto dell’invito, e ha detto: ‘perché non me l’hai detto prima?’. Chissà se verrà e non si addormenterà, così si potrebbe specchiare e vedere”, conclude lei.

L’approfondimento video: guarda qui

Nicole Bianchi
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