Kevin Spacey: “Grazie per avere avuto ‘le palle’ di invitarmi a Torino”

Il grande attore hollywoodiano parla in italiano per esprimere gratitudine al Museo del Cinema di Torino, in occasione della consegna della Stella della Mole. Il divo ha poi ripercorso la sua carriera


“Il cinema nasce da un pensiero che Caravaggio aveva già avuto, e noi saremmo qui a celebrare Caravaggio per la sua opera, non per giudicare la sua vita”. Con questo evidente parallelismo con un grande artista della storia, il Sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi introduce – al Museo del Cinema di Torino – il premio a Kevin Spacey, che tante controversie ha mosso nelle ultime settimane. La consegna della Stella della Mole, nelle intenzioni degli organizzatori, vuole dunque essere un atto che trascende la vita e si sublima nell’arte: “Quello che abbiamo davanti a noi è un uomo mortale, che vive nel tempo che la vita gli ha dato, – conclude Sgarbi – quello che vediamo dentro al cinema è un uomo immortale, ed è a quella immortalità, al di là della vita quotidiana, che noi diamo il premio che egli merita”.

Dopo avere spento le polemiche e avere omaggiato il ricordo di una grande attrice appena scomparsa, Gina Lollobrigida (“che è stata più viva della vita, nei film i cui la ricordiamo”), il testimone passa al grande divo che, commosso, ringrazia tutti i presenti, tutte le persone con cui ha avuto la possibilità di lavorare e, in particolare, gli esponenti del Museo del Cinema che hanno avuto “le palle” (detto proprio così, in italiano) di invitarlo lì. L’attore addirittura si commuove, nel ringraziare il suo manager Evan Lowenstein (“il fratello che non ho mai avuto”) per averlo supportato negli ultimi, difficili anni, con la sua professionalità, i suoi consigli e la sua amicizia.

Arriva poi il momento più atteso: quello della Masterclass, ovvero l’occasione di ripercorrere una carriera trentennale, imbeccato dalle domande di Domenico De Gaetano, direttore del museo. Tantissimi gli aneddoti raccontati da Spacey – molti dei quali già noti – partendo da quando Bryan Singer gli chiese di non vedere le riprese giornaliere de I soliti sospetti, perché non voleva che l’attore avesse una seconda opportunità per capire chi fosse il temuto Keyser Söze, rivelazione che nessuno degli attori conosceva. “Ricordo che dopo la proiezione del primo montaggio – racconta – vidi Gabriel Byrne avere un’accesa discussione con Singer, perché fino a quel momento era sinceramente convinto che Keyser Söze fosse il suo personaggio”.

Oppure l’aneddoto legato a Seven, per cui fu lo stesso Spacey a chiedere di non essere inserito nei titoli di testa né nel materiale di promozione del film, per non suggerire al pubblico quale fosse il suo ruolo. Oppure ancora il racconto della scena in cui il suo personaggio di L.A. Confindential viene ucciso: “Originariamente sarei dovuto cadere sul pavimento rotolando a terra in questa grande scena di morte. Ma era una stanza piccola e il dialogo era così intimo che proposi di piazzare la mia sedia sull’angolo del muro, in modo tale da non potere andare da nessuna parte. Era una scena così intensa e violenta che sarebbe stato interessante vederla in maniera più calma. Curtis Hanson ripensò l’intera scena seguendo questo mio suggerimento”.

E poi ancora, per ultimo, l’aneddoto legato alla registrazione della celebre voce narrante di American Beauty: “Erano i primi giorni di riprese, Sam Mendes venne da me dicendomi che voleva registrare tutti i dialoghi della voce narrante come linea guida per il montaggio. Così ci mettemmo letteralmente sul pavimento di un corridoio di un camerino, davanti a questo piccolo registratore. Premette play e io lessi tutto il monologo… e non l’ho mai più recitato. Quando alla fine delle riprese gli chiesi quando avremmo registrato quella parte, mi rispose che voleva usare quella prima registrazione perché l’avevo fatta quando non avevo ancora avuto l’esperienza delle riprese. Era qualcosa di totalmente puro e innocente, che non sarebbe mai stato possibile replicare in quel momento, in un vero studio di registrazione. Sono davvero grato che abbia preso quella scelta, è stata davvero intelligente”.

“Fare film è un’esperienza bellissima, ma non è come recitare a teatro. – aggiunge l’attore, interrogato sulla sua altra grande passione, ovvero il lavoro sul palcoscenico – Giri con alcuni attori per qualche giorno e non li rivedi fino alla premiere. Quando lavori nel teatro fai parte di una compagnia, vedi quelle persone ogni dannato giorno, dedichi te stesso a condividere una storia con il pubblico. Non potrai mai essere più bravo di quanto sei stato in un film, non hai seconde occasioni, è tutto congelato. Nel teatro puoi sempre migliorarti. Vedi gli attori intorno a te crescere e cambiare, è un processo non statico, cambia ed evolve ogni singola volta. È come quando giochi a tennis: tutte le volte che entri sul campo sono le stesse regole, ma è sempre una diversa partita”.

Franco Nero è una grande star, soprattutto qui. – conclude Spacey, parlando del cinema italiano – Un paio di anni fa mi ha invitato a fare parte del suo film, L’uomo che disegnò Dio, e gli sono molto grato per avermi offerto il ruolo, per avermi fatto sentire parte di quella esperienza. C’era un’atmosfera così gioiosa. Perdere chi abbiamo perso oggi è così triste, ma quanto di trovi in un posto come questo museo vai avanti. Quello che fate qui è incredibilmente importante”.

Carlo D'Acquisto
16 Gennaio 2023

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