Il fascino chic della Holly di ‘Colazione da Tiffany’ in un libro

Audrey. Una vita, uno stile di Chiara Pasqualetti Johnson è una recentissima pubblicazione, corredata di molte e interessanti immagini, che celebra l’attrice


C’è un colore, una specifica cromia del pantone, che viene associata al nome di un marchio che rimanda subito all’universo della gioielleria sofisticata, quanto ormai pop, anche grazie a un film che ha contribuito a creare il mito nel mito: Colazione da Tiffany, e la tinta in questione è il Blue-Tiffany, un color pastello prossimo al verde acqua.

Forse con questa intenzione, con questa allusione, sicuramente creando questa lettura, si presenta il fondo tinta unita mat della copertina del volume Audrey. Una vita, uno stile di Chiara Pasqualetti Johnson (ed. White Star, pp.224, euro 29,90), sul cui fianco esterno della copertina rigida vive una figurina intera dell’attrice, in bianco e nero, in piedi e di tre quarti, quasi di schiena, con il volto e lo sguardo rivolti al pubblico. 

Il 20 gennaio 2023 è ricorso l’anniversario del trentennale dalla scomparsa (leggi l’articolo) e questo volume, elegante e pop al contempo, come d’altronde era lei, Audrey Hepburn, è una delle più recenti pubblicazioni a celebrazione dell’attrice. L’autrice, Chiara Pasqualetti Johnson, giornalista – che già nel 2020 ha curato un volume dedicato a un’altra figura femminile simbolo del secolo scorso, eppur di sempre, Coco Chanel, e nel 2021 è stata inserita da “Forbes Italia” tra le 100 Wonder Women dell’anno, donne accomunate da leadership e creatività vincenti – firma il volume scegliendo un’architettura mista: un indice in cinque capitoli – Introduzione; E’ nata una stella (1929-1954); Gli anni d’oro (1954-1960); Lo stile di una diva (1960-1983); L’ambasciatrice dei bambini (1983-1993) – in cui le pagine scritte si baciano con quelle illustrate con ritratti fotografici, locandine, sequenze di film, per una rosa di 164 immagini iconografiche, che – senza sfumare la densità del racconto narrativo – certamente rapiscono l’occhio del lettore, che incorre in un costante vis-a-vis con l’attrice, passando per anagrafi e universi multipli, forme creative estetiche estrose o sofisticate, insomma un viaggio fotografico nell’esistenza pubblica e privata di Audrey Hepburn che ne restituisce il perenne fascino chic

Il libro ci mostra la piccola Hepburn all’età di un anno, così come c’è un’altra fotografia di lei bambina – era il ’39, aveva 10 anni – taglio carré e frangetta a metà fronte, già sfiziosa e sofistica da fanciulla, potremmo dedurre; c’è poi una Audrey adolescente in un ritratto di famiglia, sempre in bianco e nero, con la madre, la baronessa Ella von Heemstra, volto e portamento aristocratici, che probabilmente la Hepburn ereditava nel suo patrimonio genetico. C’è poi la più famosa immagine di lei, trentenne, che in capo indossa il cappello modello “cigno” del suo pigmalione della moda, Givenchy, dalle riprese di Colazione da Tiffany; e c’è il fascino senza tempo in quello scatto del 1979 che la ritrae – in primo piano, il taglio che più di tutti sempre esalta la sua aura – con capelli raccolti, veletta nera di tulle a piccoli pois puntata sullo chignon, che si apre come una ruota di pavone evanescente, a far da cornice al viso dal trucco naturale su cui spiccano labbra geranio come tocco di luce. Poi, ci sono i deliziosi bozzetti, quelli firmati da Edith Head, sempre per il film di Blake Edwards, che s’appaiano alla vivace locandina dalle pennellate rosa di My Fair Lady. Ci sono figure intere di lei che, come una dea su una passerella, indossa da musa – quale era per lui – gli abiti di Givenchy creati per Cenerentola a Parigi, tra cui l’abito da sposa, con il corpetto dalle spalle ampie e la gonna a ballerina, destinato a essere un modello per i matrimoni Anni ’50, a riconferma, ancora una volta, del suo essere figura che ha suggerito dettami dello stile. Ci sono poi immagini cinematografiche di una Audrey Hepburn lontana – e per questo ancor più interessante – dall’immaginario comune che la identifica come figurina chic, come quella da Gli inesorabili con Burt Lancaster, durante le cui riprese in Messico, non usando lei controfigure, si ruppe le costole quattro volte candendo da cavallo; o ancora quella del ’76, abbracciata da Sean Connery sul set di Robin e Marian, uno scatto dall’aria antica e campestre, di una ruvidezza romantica.

E poi ci sono ancora le foto “di famiglia”, sia quella della sua vita adulta, come lo scatto – nel letto d’ospedale, appena partorito – con il piccolo Sean neonato tra le braccia e accanto il marito del tempo, Mel Ferrer, ma anche quella di una famiglia non consanguinea ma non per lei meno importante, quella della beneficenza, a cui s’è dedicata quando ha lasciato lo spettacolo, e così la sequenza di primi piani dolcissimi e panoramiche di viaggio, come in Etiopia, quando fu Ambasciatrice dell’Unicef

L’architettura delle pagine del volume si completa, infine, col ricorrere di cartelle dedicate a imprimere frasi che si sono scritte nel tempo presente come aforismi, o massime del contemporaneo, a cui Pasqualetti Johnson sceglie di dare uno spazio pieno di aria, come sinonimo di un ossigeno intellettuale efficace per tutti. Sono 17 le frasi che fanno da accessorio imprescindibile al volume, quasi tutte della stessa Hepburn, o a lei dedicate, come quella di Hubert de Givenchy: “In ogni collezione, una parte del mio cuore e dei miei sogni è per Audrey”. Tra le sue personali, invece, tre per tutte: “Il successo è come raggiungere un traguardo importante e rendersi conto di essere sempre esattamente la stessa”; “Io e il mio gatto siamo due randagi senza nome che appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene” (dice Hepburn nei panni di Holly Golightly, suo personaggio in Colazione da Tiffany); e infine, “Ci sono viaggi che si fanno con un unico bagaglio, il cuore”. 

Nicole Bianchi
22 Gennaio 2023

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