La leadership gentile di Jacinda Ardern

Una prima edizione di successo che si replicherà l'anno prossimo, l'1 e 2 febbraio 2024, per Un altro genere di leadership, la due giorni organizzata da MiC e Cinecittà


Una prima edizione di grande successo che si replicherà l’anno prossimo, l’1 e 2 febbraio 2024, per Un altro genere di leadership, la due giorni organizzata da MiC e Cinecittà e ideata da Chiara Sbarigia, che ha riunito un panel esclusivamente al femminile per parlare di come le donne dirigono istituzioni, imprese, giornali. Tanti i temi toccati nelle veloci quanto rigorose triangolazioni, come nei sei tavoli di approfondimento generazionali che hanno caratterizzato la seconda giornata di incontri all’Acquario Romano. Cornice preziosa del tutto il podcast Un viaggio dispari, sei episodi realizzati da Chora Media per Archivio Luce, scritti da Davide Savelli e con la voce di Cristiana Capotondi per ripercorrere la lunga lotta per l’emancipazione femminile nel Novecento (già disponibile su tutte le piattaforme gratuite di podcast e sul sito archivioluce.com e choramedia.com). Ai repertori sonori dell’Archivio si accompagnano interventi delle storiche contemporanee Patrizia Gabrielli ed Elvira Valleri, pagine di diari, lettere, memorie e testimonianze. Dal diritto di voto fino alla contraccezione ecco le grandi conquiste realizzate attraverso un percorso a volte tortuoso e non concluso.

“Il 1946 con il diritto di voto – ha sottolineato la docente di Letterature comparate Daniela Brogi – non è soltanto un punto di partenza, ma anche un punto di arrivo delle battaglie delle donne, donne comuni, che magari non sapevano né leggere né scrivere, ma che hanno fatto la Resistenza e la Repubblica”. E aggiunge: “La desinenza femminile ci aiuta a lasciare traccia e memoria. In questi due giorni abbiamo incontrato donne che sono riuscite ad abbattere il soffitto di cristallo giungendo in posizioni di comando, ma restano pareti di cristallo che ci dividono, muri a volta non percepiti che ci impediscono di confrontarci. Da qui non abbiamo intenzione di uscire con formule chiuse ma vogliamo costruire un vocabolario che ancora manca”.

I sei tavoli generazionali – con le nate dal 1960 al 2000 – coordinati da Lavinia Farnese, Michela Alpi, Diamara Parodi Delfino, Alessandra Spinelli, Nicoletta Polla Mattiot, Angela Pedrini hanno approfondito in dialoghi ravvicinati le parole chiave spazio, merito e cura e resocontato poi le richieste giunte dalle partecipanti, tra cui l’esigenza normativa e quella di un cambiamento drastico nella scuola primaria che possa abbattere gli stereotipi quotidiani e dia autorevolezza. 

Essenziale questo fare rete, più che mai necessario in un’Italia tuttora al 63° posto per divario di genere nel mondo e al 25° posto in Europa. “Spero che questo appuntamento sia l’inizio di un percorso, un’agenda che possa costruire una continuità”, ha detto Giulia Minoli, autrice teatrale e vicepresidente della Casa Internazionale delle Donne di Roma. Facendo cenno anche al drammatico tema dei femminicidi e della violenza di genere.

Tra i tanti interventi della due giorni, da Angela Mariella direttrice di Isoradio a Caterina D’Amico, direttrice dell’Archivio e Museo Zeffirelli, quello di Tinny Andreatta, vice president content Netflix, ha aperto spiragli di futuro portando anche il caso virtuoso, anzi ‘utopico’, della sua azienda con forte presenza femminile a tutti i livelli decisionali (sono il 48% nei ruoli apicali), pur senza nascondere le criticità: “In Italia è diminuito il numero di ad donne, siamo al 3% rispetto al 4% dello scorso anno”. E ha ricordato: “A Rai Fiction sono stata la prima direttrice con Anna Maria Tarantola presidente della Rai, fu lei che mi parlò delle blind audition nelle orchestre. Gli uomini tendono a selezionare persone simili a loro ma quando si sono fatte le selezioni dietro un sipario, le donne ammesse hanno superato del 5% i candidati maschi. Non esistono mestieri che siano solo maschili, anche se viene tradizionalmente dato per scontato. Registe e direttrici della fotografia sono meno del 10%, una cosa che non ha più ragion d’essere viste anche le nuove tecnologie. Con il progetto ‘Becoming Maestre’ cerchiamo di portare le giovani donne a incontrare le professionalità del cinema. Una dop sul set è un atto rivoluzionario, una piccola rivoluzione concreta”.

Si è parlato molto, infatti, di formazione e di modelli da fornire alle nuove generazioni. E si è discusso di nuove forme di leadership citando il caso della premier neozelandese Jacinda Ardern che lasciato l’incarico forte della sua filosofia che le ha permesso di ammettere di non voler più ricoprire un ruolo di governo, dopo averlo fatto per cinque anni. Ma senza precludere futuri sviluppi. Non un segno di debolezza ma un’idea di leadership come servizio e non come attaccamento al potere.

Agnese Pini, direttrice responsabile del QN, partendo dalla constatazione che “in Italia meno di una donna su due ha un impiego”, ha sottolineato: “Se insistiamo troppo sul fatto che basta il merito per fare carriera, creiamo frustrazione nelle ragazze. Per quanto mi riguarda so bene che non sono una super eroina e che sono diventata direttrice perché l’editore in quel momento voleva una donna. Ben venga perché non dobbiamo essere perfette per ricoprire ruoli di responsabilità”, ma normali professioniste, come i colleghi maschi. Un’altra giornalista, Ivana Pisciotta dell’Agi, ha ricordato come alle donne si sia chiesto a lungo di fare il doppio per arrivare alla metà, mentre Barbara Stefanelli, vicedirettore vicario del Corriere della sera, ha parlato del “potere come servizio e non come costruzione della carriera”, citando di nuovo la premier neozelandese e Angela Merkel.

Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction, ha ricordato: “Negli anni ’60 la donna decide di staccare il cordone e pensare a se stessa, il cambio di ruolo avviene quando ti affranchi da cose sostanziali. La prima è la maternità, che diventa scelta e non destino di cui siamo vittime, la seconda cosa è l’economia che da uno spazio limitato, quello dell’economia domestica, diventa economia globale”. 

Cristiana Capotondi, attrice e orgogliosamente dirigente sportiva, annuisce: “Finalmente la donna ha cura di se stessa. Io vorrei parlare non di maschi e di femmine ma di proteina maschile e femminile, elementi che sono presenti in tutti i noi. Sono appassionata di calcio, un settore che mi ha sempre fortemente ispirato e in varie occasioni ho dovuto far valere la mia differenza anche affrontando la violenza della platea dei social. Io ho deciso di mostrarmi, di difendere il mio genere che porta accoglienza, cura, ascolto, capacità di cercare pace dove si cerca lo scontro, empatia. Spesso la gentilezza è spiazzante, ma conviene a tutti occuparsi della serenità dei propri collaboratori”. E a proposito del #MeToo: “Spero che abbia aiutato più le donne comuni che noi del mondo dello spettacolo”. 

 

Cristiana Paternò
03 Febbraio 2023

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