20 anni senza Massimo Girotti, un libro ricorda l’eroe buono del cinema italiano

Massimo Girotti, di Roberto Liberatori, in libreria dal 1 febbraio 2023 con Edizioni Sabinae


“Davide, il vecchio raffinato pasticcere che porta nel cuore il ricordo di un amore struggente, lascia alla giovane Giovanna Mezzogiorno la sua eredità spirituale: nella vita non bisogna sognare un mondo migliore, ma pretenderlo. È anche l’ultima immagine che abbiamo di Davide/Girotti, circondato da dolci, il sorriso enigmatico e lo sguardo di chi sa di uscire di scena. Con questo film Girotti torna protagonista del grande schermo come ai suoi tempi d’oro, riscoperto e ricollocato tra i grandi da critica e pubblico”.

Così Roberto Liberatori descrive l’ultima commovente interpretazione di Massimo Girotti ne La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek, nella biografia appena uscita con Edizioni Sabinae, a 20 anni dalla scomparsa del grande attore. Il film, molto atteso dal pubblico, gli valse nel 2003 il David di Donatello postumo come miglior attore protagonista. “La sequenza in cui affida il suo testamento di vita e di amore è il cardine del film, anche visivo, che si imprime nella memoria”, scrive ancora Liberatori, già autore nel 2019 dell’unica biografia di Lucia Bosè.

Ma anche al di là e molti lustri prima di ciò che in quella scena appare come un toccante presagio di addio, l’immagine di Massimo Girotti custodita da sempre nel cuore degli italiani è quella di un gentiluomo prestato al cinema. Classe 1918, marchigiano di Mogliano (Macerata), fin dai primi lavori con Rossellini, Blasetti e Visconti, tutti raccontati nel libro, Girotti brilla tra le star del grande schermo già dagli anni ’40 per la sua bellezza da statua greca, ottenendo un successo inatteso e assoluto. La stampa lo definisce ‘il Tarzan italiano’, ma per il pubblico è molto di più, l’eroe buono, affascinante e sensibile. Il suo talento eclettico gli permette di spaziare dal cinema commerciale ai film d’autore, passando dalla tv e dal teatro: per le sue doti atletiche Alessandro Blasetti lo sceglie per La corona di ferro (1941), sua prima e definitiva consacrazione a ‘bello’ del cinema italiano, poi Roberto Rossellini lo vuole per Un pilota ritorna (1942) e subito dopo Luchino Visconti gli affida ruolo da protagonista dell’indimenticabile vagabondo di Ossessione (1943).

“In effetti l’eroe di La corona di ferro, che cresce allevato dalle fiere e si muove con agilità seminudo tra i boschi, richiamava a grandi linee quello del celebre uomo-scimmia”. – scrive ancora Roberto Liberatori – “A rafforzare l’equazione Girotti-Tarzan sono le analogie fisiche e biografiche rilevate dalla stampa con l’attore Johnny Weissmuller, uno dei più celebri interpreti della serie di film, che era stato al pari di Girotti studente e campione di nuoto prima di approdare al cinema. Anche se il personaggio di Arminio gli offriva lo spunto per sbizzarrirsi in una sfilata di costumi e caratteri. Nel film lo vediamo prima trasformarsi in una sorta di Robin Hood, con calzamaglia e mantello… (…) Ma rimaneva Tarzan l’archetipo che più colpiva l’immaginazione. Anche se per Girotti, quel richiamo non era intenzionale: “A un certo punto mi batto il petto – ricordava l’attore – ma forse era un atteggiamento dovuto un po’ allo stile del tempo. Non vi era alcuna rimembranza del Tarzan, non poteva esserci, né nel gusto di Blasetti, né nel mio, sia pure approssimativo come poteva essere…”.

Nel primo dopoguerra il talento di Massimo Girotti si riconferma sui set dei più grandi registi italiani, come una sorta di simbolo positivo della rinascita democratica del Paese. Prima in Caccia tragica (1946) di Giuseppe De Santis, poi quando è finalmente premiato con il Nastro d’Argento al miglior attore protagonista, per quell’In nome della legge (1949) di Pietro Germi, dove interpreta il giovane magistrato antimafia, ancora una volta in lotta per un mondo migliore. È Michelangelo Antonioni, un anno dopo, a volerlo accanto a Lucia Bosé nel non semplice intreccio psicologico di Cronaca di un amore, quindi torna protagonista anche in Senso (1954) di Luchino Visconti. Alla fine degli anni Sessanta Pier Paolo Pasolini gli affida il complesso ruolo del padre in Teorema (1968) e quello di Creonte in Medea (1970). Solo due anni dopo sarà Bernardo Bertolucci a volerlo nella parte dell’amante in Ultimo tango a Parigi (1972). Nel 1976, è di nuovo un aristocratico per Visconti, nell’ultimo film del regista, L’innocente. Tra gli anni settanta e gli ottanta alterna cinema, sceneggiati televisivi e teatro, dove debuttò nel 1945. Prima di Ozpetek, negli ultimi anni, anche Roberto Benigni lo chiama per il suo Il mostro (1994).

Tirando le somme, scandendo film dopo film per oltre 200 pagine, si contano sulle dita di una mano i registi italiani contemporanei a Massimo Girotti che non abbiano lavorato con l’attore marchigiano: in larghissima parte scelto per ruoli da protagonista, o comunque per dare volto e anima a personaggi che brillano di una luce speciale, fino alla fine della sua vita, nella primavera del 2003. Al pubblico la risposta alle sue parole, riproposte in apertura da Roberto Liberatori: “Se le mie interpretazioni hanno originato anche un sol filo di umanità… allora è stato davvero un successo”.

Massimo Girotti, di Roberto Liberatori – Edizioni Sabinae, 2023 – In libreria dal 1 febbraio 2023  – pp. 220 18,00 euro 

Giovanna Pasi
05 Febbraio 2023

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