Prima di ‘The Whale’ rivediamo il Pi greco di Aronofsky

Prima di The Whale, rivediamo 'π – Il Teorema del delirio'


Lo vediamo ogni giorno, ne facciamo esperienza nella vita quotidiana: l’umanità si divide in chi ama la matematica e chi la odia. Le sfumature in questo Mondo binario non sono contemplate. Però è indubbio che anche chi con i numeri non ci va a nozze, davanti al genio di chi ne afferra la natura profonda resta incantato. Questa premessa per introdurvi al film che tutti noi dovremmo recuperare.

Si intitola Pi greco – Il Teorema del delirio, il regista è Darren Aronofsky ed è uscito esattamente 25 anni fa.

Restando in campo numerico sono tre i motivi, tanto per cominciare, che ci dovrebbero spingere a vederlo (o rivederlo) subito. Uno. In questo periodo si fa un gran parlare del bellissimo e struggente The Whale e in particolare del suo protagonista Brendan Fraser in odore di Oscar.

Il regista è proprio quel genio di Aronofsky e Pi rappresenta il suo iconico esordio. Un debutto che già nel lontano 1998 non passò inosservato. Al Sundance si portò a casa il premio per la miglior regia (capire il Sundance!) e da lì fece il giro del Mondo. Dopo sarebbero arrivate opere come Requiem for a Dream, The fountain, The Wrestler, Il cigno nero, Noah, Mother! che avrebbero continuato il disegno qui cominciato per ritrarre il complesso aspetto della natura umana, della religione, della dipendenza, della malattia mentale e della morte.

Un’architettura dotata di una estetica maniacale e una narrazione mai ordinaria e lineare. Due.

Il 14 marzo ovvero 3/14 in date americane è il giorno del Pi greco (π : la famosa costante matematica a cui si riferisce il titolo) visto che il suo valore è appunto 3,14. Proprio in quella giornata in USA debutterà la versione restaurata in 8K (nei cinema IMax) che si prevede sarà uno spettacolo per gli occhi e per le orecchie. E si spera arriverà anche da noi.

Tre. È un film che vi morde la mente come pochi, fotografato in un ruvido bianco e nero dal futuro premio Oscar Matthew Libatique, commentato da una colonna sonora – firmata Clint Mansell – alienante ed esatta nella sua aderenza alla storia alienante. Un film caricato di una tensione claustrofobica che cresce anche senza il bisogno di spargimenti di sangue e inseguimenti rocamboleschi.

È un thriller implacabile dalla cui visione si esce irrequieti e convinti di aver assistito a un’opera fuori dai binari del deja-vu. Un quarto di secolo fa Aronofsky ci ha proposto questo studio sulla follia e sul suo stato confinante: il genio, attraverso il suo protagonista Max Cohen: un uomo tormentato, paranoico e brillante, convinto che la matematica sia il linguaggio dell’universo, che la natura si esprima in cifre e che ci siano schemi numerici ovunque.

Schemi che se riesce a scovare gli consegneranno tra le mani la chiave del caos, tanto da poter prevedere tutto: incluso le mosse di Dio, i prezzi delle azioni, il tempo, la storia, il futuro giù giù fino ai punteggi del baseball. Se si sbaglia, beh il destino è il puro delirio, perché quando si cerca qualcosa che non esiste, più ci si avvicina ad essa più si rischia la follia. Oggi “Pi – il teorema del delirio” è un film necessario, oggi che le intelligenze artificiali dilagano come maree che ingoiano ogni cosa, a cominciare dalla creatività umana. Oggi che il cinema annaspa in mezzo a storie scritte con un algoritmo a fare da Bibbia. Oggi più che mai andrebbe recuperato quello che resta uno dei film più “diversi” della storia del cinema moderno.

 

Mancano pochi giorni alla notte più attesa da tutti i cinefili. Domenica 12 marzo scopriremo i vincitori dei premi Oscar 2023. Vivi il grande evento con noi: iscriviti entro il 10 marzo alla prima edizione del FantaOscar di CinecittàNews. Leggi il regolamento, studia le quotazioni ufficiali e mandaci la tua squadra!

Manlio Castagna
03 Marzo 2023

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