‘Tetris’, Taron Egerton e la cortina di ferro in pixel art

Ispirato alla storia vera di uno dei videogiochi più importanti della storia, il film diretto da Jon S. Baird - in uscita su Apple TV il 31 marzo - è una commedia thriller ambientata nel 1988 incentra


Prima dei videogiochi fotorealistici dai budget milionari, al tempo di quei pochi pixel colorati che agivano sulla nostra capacità di immaginare piuttosto che su quella di meravigliarci, c’è stato un videogame che ci ha mostrato il potenziale di quel mondo videoludico che nel giro di un paio di decenni avrebbe conquistato il mercato globale: Tetris. 35 anni dopo il suo rilascio – nell’era di Uncharted, Super Mario Bros. Il film e The Last of Us – Apple TV+ decide di raccontarci l’incredibile storia vera che si nasconde dietro il successo di uno dei giochi più semplici e, al tempo stesso, rivoluzionari che siano mai esistiti.

Forse un giorno capiremo cosa succede davvero nel nostro cervello quando giochiamo a Tetris, quali sinapsi vengono miracolosamente attivate quando quei mattoncini cadono ritmicamente dall’alto. Una cosa è certa, in qualunque modo funzioni, questo meccanismo è portentoso. Henk, il protagonista del film interpretato dal vincitore di un Golden Globe Taron Egerton, se ne accorge fin dai primi minuti in cui mette gli occhi su quel prodigio di geometria in movimento. Imprenditore attivo nell’allora neonato mondo del videogioco, Henk capisce immediatamente che ha davanti il “gioco perfetto”, nonché un sicuro successo commerciale, e decide di acquistarne a tutti i costi i diritti di distribuzione. C’è solo un problema: il gioco è stato creato nell’URSS da Aleksej, uno sviluppatore russo, ed è il 1988, il momento più delicato della guerra fredda.

Ispirandosi alla storia vera di Henk e Aleksej, Tetris si presenta come una commedia thriller con una spolverata di spionaggio, che esplora la complessissima trafila contrattuale che portò Tetris a diventare il titolo di lancio del Game Boy, iconica console portatile targata Nintendo che costituì uno spartiacque per il medium. C’è un prima e un dopo il Game Boy, come c’è un prima e un dopo Tetris: Henk ne è consapevole e farà di tutto per raggiungere il suo obbiettivo, anche viaggiare fino nel cuore della dittatura sovietica, mettendo a rischio non solo se stesso, ma tutta la sua famiglia.

 

Quando ci si trova davanti a uno dei più grandi successi commerciali di sempre, il tema non può che essere quello dell’avidità. E il film diretto da Jon S. Baird mette in scena una pletora di personaggi mossi dal più bieco desiderio di arricchimento, corrotti e corruttori, da entrambi i lati della cortina di ferro. La sfida di Henk sarà quella di non farsi alienare dagli stessi impulsi bestiali e agire non solo per il proprio tornaconto personale, ma per l’amore nei confronti di un’opera d’arte come Tetris, che merita di essere conosciuta dal mondo intero. In seguito subentrerà anche l’amicizia con Aleksej, con cui condivide molto più di quello che poteva pensare. Videogiochi, poesia, musica, l’arte in generale, infatti, sono ciò che rendono affini gli esseri umani a prescindere dalle differenze culturali e dai luoghi in cui si è cresciuti: giramondo poliglotta uno, misero impiegato statale, nato e cresciuto tra le stesse quattro mura, l’altro.

Il film, in uscita il 31 marzo su Apple TV+, riesce benissimo a dosare il ritmo del racconto, alternando momenti brillanti ad altri ricchi di tensione. Funzionali, in tal senso, i continui riferimenti ai videogiochi 8 bit, con elementi in pixel art che infarciscono la narrazione e scandiscono i vari capitoli, trattati come livelli di un videogame anni ’80. Tetris si configura come un racconto pensato per una generazione di spettatori cresciuta a pane e videogiochi, ma che fonda il suo nucleo narrativo su dinamiche – come l’imprenditoria e la politica — perfettamente estranee al contesto videoludico. Un thriller a tratti incalzante che nasconde al suo interno il fascino di una storia vera – per quanto romanzata – e il carisma di un un’opera che ha fatto la storia, un mattoncino luminoso alla volta.

Carlo D'Acquisto
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