Gabriele Salvatores: “Il ritorno di Casanova non è autobiografico”

Il regista, Fabrizio Bentivoglio e Toni Servillo accompagnano il film in anteprima al Bif&st: “non credo sia un film sulla giovinezza perduta” dice l’attore napoletano. Il film esce al cinema dal 30/3


BARI – “La giovinezza e la vecchiaia sono solo una menzogna: lui è giovane, ma io sono Casanova”, afferma il settecentesco Giacomo, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, che recita la parte di un attore che recita il ruolo del veneziano, in un “film sul tempo che passa”, come dice il personaggio di Toni Servillo (nel film il regista Leo Benvenuti) in dialogo con Silvia (Sara Serraiocco), contadina dalla sofisticata bellezza, estranea all’esistere nel cinema, universo che involontariamente fende, facendo dubitare le certezze di un uomo (Benvenuti) che non ha mai pensato che il proprio anelito potesse essere altrove dal cinema stesso, perché “per me la vita è accettabile soltanto quando giro” afferma parafrasando Hitckcock, ma “la verità è che tu il film non lo vuoi finire perché fuori c’è la vita vera”, gli ribatte il suo montatore Gianni (Natalino Balasso). 

“Una delle cose che mi ha colpito scrivendo era che il personaggio di Casanova sia destinato a fallire nel tentativo di ripetere se stesso, è rimasto legato a un modello. Mentre il personaggio di Toni Servillo è un seduttore e ha uno status di un certo tipo ma alla fine apre una piccola porta sul futuro”, spiega Gabriele Salvatores, regista de Il ritorno di Casanova, in anteprima al Bif&st 2023. 

Nel film, Benvenuti, maestro di cinema, sta cercando di portare a termine il montaggio del suo ultimo film, protagonista un autunnale Casanova di metà Settecento: l’opera s’annuncia conforme alla Mostra di Venezia, palco quasi certo anche per il giovane autore Lorenzo Marino, apparentemente considerato di poco conto dal decano, ma forse realmente temuto, non per la sua arte, quanto per il tempo che la sua esistenza ancora gli mette a disposizione. “Bernardi si occupa ossessivamente della sua vanità, della sua carriera, la vita gli va incontro e lui goffamente cerca di barcamenarsi tra la sua vita cinematografica e la giovane ragazza che con il mondo del cinema non ha nulla a che fare. Questo film suggerisce che la vita corre più veloce del cinema, si gira verso il cinema e gli fa maramao: è quello che accade a Leo Bernardi e che Gabriele Salvatores ha raccontato con grazia” per Servillo. 

C’è il futuro nel film che Gabriele Salvatores ha diretto, e c’è secondo un senso di circolarità che apre nelle prime sequenze – in bianco e nero – dentro una casa domotica, inquietantemente capace di percepire addirittura la malinconia dell’umano, spazio che infatti respira tempo a venire e convive con “le macchine”; e c’è – sempre il futuro – nelle sequenze finali, nella notte veneziana del Lido, dalle cui acque lagunari – simbolo liquido della vita – “emerge” l’icona del tempo prossimo. Salvatores fa una precisa, affascinante, efficace, seduttiva, simbolica scelta fotografica (curata da Italo Petriccione): il presente per lui è bicolore, bianco e nero, mentre il passato a colori, così alterna le cromie del film, non una sofisticatezza estetica fine a se stessa, ma una studiata metafora, così come il “…Whatever Will Be, Will Be…” che suona sul finale. 

“È il primo film in cui parlo un po’ di me, ma non è autobiografico. La casa del film, che ho comprato tre anni fa, è domotica, ma sono sempre stato affascinato dalla tecnologia che prende potere, sin dal cinema indie americano. Esiste la realtà o la finzione? La vita è sogno? L’idea che se diamo troppo spazio alla tecnologia ci sostituirà mi terrorizza e ho voluto parlare di questo: così, che una casa senta la malinconia è terribile ma non impossibile”.

Salvatores comunque non è il Guido Anselmi (Mastroianni) – alter ego di Fellini – di 8 ½ , seppur qualche eco potrebbe sembrare di intercettarlo, ma allora – restando a Fellini – si potrebbe anche leggere nel finale del Casanova un’affinità con quello de La dolce vita, là sulla spiaggia, nel dialogo reso impossibile dal rumore tra un uomo e una donna (Marcello e Paola), alla presenza simbolica del mostro marino, ignoto, come il futuro di Bernardi: piuttosto, Gabriele Salvatores – restando e bastando a se stesso – riesce con maturità di mestiere e di vita, e con una delicatezza che lo contraddistingue nella sua arte, a mettere in scena le vene e i capillari della senilità maschile con una chiave di volta capace di sfumature le più variegate, e giocando magistralmente con lo strumento narrativo del cinema, danzando sul confine tra realtà e finzione, senza l’eccesso del volo pindarico, ma altrettanto senza la banalità della vita. 

“La novella Il ritorno di Casanova mi girava nella testa e nel cuore dai tempi del teatro, l’avevo letta con interesse per il tema del doppioArthur Schnitzler – l’autore – e Freud erano amici. Poi, andando avanti nel tempo, ho scoperto nella novella il concetto del passaggio del tempo. Come dice Servillo: è uno dei romanzi più crudeli sul passare del tempo, così il suo personaggio s’inventa un duello tra Casanova e il giovane tenente e lì Casanova realizza di essere vecchio solo quando morto a terra. Un regista come Bernardi è un seduttore e così la storia è quella di un regista affatto in crisi creativa e con un’invidia ridicola verso i giovani: c’è una crisi del regista sì, ma umana”, continua Salvatores. 

Non credo sia un film sulla giovinezza perduta”, dice Servillo. “È tratto dal romanzo più credule che esista sulla vecchiaia sì, viviseziona l’argomento, mostra quello che è. L’aspetto su cui insiste Salvatores – e il film – è il decadimento fisico e Fabrizio lo racconta straordinariamente in una scena allo specchio e ancor di più nel duello”, in cui l’attore si batte per il possesso della bella Marcolina in fiore (Bianca Panconi), mostrandosi completamente nudo, ovviamente una dichiarazione carnale del concetto portante del film stesso. 

“La cosa che mi ha intenerito di questo Casanova è il suo non aver previsto l’invecchiamento. Io stesso sono meravigliato del mio, ho riconosciuto questo elemento, che lo umanizza. Il Casanova a cui siamo abituati è più che stereotipato, o comunque non umanissimo”, riflette Bentivoglio (a Bari anche protagonista di una masterclass). 

Il ritorno di Casanova è una produzione Indiana Production con Rai Cinema, Ba.Be Productions ed EDI Effetti Digitali Italiani, dal 30 marzo al cinema. 

Nicole Bianchi
26 Marzo 2023

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