La frusta di Indiana Jones

Appuntamento sulla Croisette di Cannes il 18 maggio: ritorna 15 anni dopo Indiana Jones, alias Harrison Ford


Appuntamento sulla Croisette di Cannes il 18 maggio: a salire le mitiche “marches” del Palais du Festival ritorna 15 anni dopo la sua ultima avventura. Ha passato da poco gli 80 anni, ma il passo è ancora svelto, il busto eretto, il sorriso appena velato dall’ironia di apparire come un’icona senza tempo, come se acciacchi e segni della vita non fossero mai esistiti.

Henry Jones Jr., meglio noto come Indiana Jones, è un personaggio talmente inciso nell’immaginario collettivo che si fa fatica a scollarlo dalla sua leggenda senza confonderla con quella di Harrison Ford che si porta a spasso per il mondo da quasi 50 anni le passioni, l’implacabile frusta, lo Stetson sgualcito, la giacca di pelle e la bisaccia a tracolla dell’archeologo avventuriero.

George Lucas gli dà vita, come un giovane Geppetto, all’inizio degli anni ’70 attingendo ai vecchi manifesti dei B-movie anni ’30 e alle invenzioni grafiche di Alex Raymond. Per sua stessa ammissione Lucas guarda anche al padovano Giovanni Belzoni, l’egittologo che portò a Londra a inizio ‘900 la statua di Ramses II, capace di coniugare – come Indiana Jones – la competenza dello studioso con il gusto per l’avventura dell’esploratore.

A molti dettagli sulla biografia del suo eroe contribuirà Steven Spielberg quando Lucas gli passa il testimone tra il 1977 e il 1980, quando prende forma I predatori dell’arca perduta. In seguito George (produttore) e Steven (regista) hanno ammesso la loro passione per i fumetti di Carl Banks tanto che la sequenza iniziale del primo film della saga è ripresa da alcuni avvenimenti che accadono nelle storie Zio Paperone e le sette città di Cibola e Zio Paperone e l’oro di Pizarro.

Dal momento in cui il prescelto Tom Selleck rinuncia al ruolo del protagonista (era sotto contratto con la Cbs per Magnum P.I.) e Ian Solo (Harrison Ford) trasloca nei panni di Indy, la magia della saga prende la mano a tutti e si costruisce, mattone dopo mattone, in cinque film, un pugno di episodi tv (sull’adolescenza dell’eroe), un paio di videogiochi e albi illustrati.

Oggi il personaggio e l’attore hanno più o meno la stessa età, ma lo sfalsamento temporale tra i due appartiene alla fantasia degli spettatori. Henry Jones Jr. nasce alle fine dell’800 ed è uno scavezzacollo quando, adolescente a cavallo, riesce a rubare nel Messico di Pancho Villa la mitica Croce di Coronado per poi essere costretto a restituirla (ma avrà la sua vendetta da adulto). Suo padre (Henry Jones Sr.) è uno stimato medievalista, professore universitario di letteratura e civiltà antiche, ossessionato dalla ricerca del Sacro Graal, genitore severo e scostante con cui Henry va ben poco d’accordo. Ironico e pungente, adora provocare il figlio chiamandolo “Junior”, ma senza di lui l’ormai affermato erede non se la caverebbe nel 1938 tra le catacombe (invenzione delle invenzioni) di Venezia e il deserto di Alessandretta.

Tre persone contribuiscono in modo determinante a forgiare il carattere del ragazzo: Anna Jones  è sua madre che lui definisce “la più bella, dolce e intelligente donna che sia mai esistita”. Anna, natia della Virginia, ha avuto una breve relazione con il compositore italiano Giacomo Puccini. È morta a causa di scarlattina, anche se Indiana ha accennato diverse volte all’influenza “spagnola”.

C’è poi Miss Helen Seymour, maestra di Indiana e del padre, sua insegnante quando frequentava l’Università di Oxford. Helen scriverà diverse lettere all’allievo, tenendosi in contatto con lui fino alla morte, durante la prima guerra mondiale, prima che Indiana potesse tornare a Oxford per starle accanto.

Infine un autentico padre putativo come Abner Ravenwood egittologo e occultista quando Indy frequentava l’università di Chicago. Non lo vedremo mai in azione, ma l’amicizia con sua figlia Marion sarà il detonatore che farà innamorare i due, fino al matrimonio nel quarto capitolo della saga, quando Indiana scopre che il giovane Mutt Williams è suo figlio e quanto a spavalderia gli assomiglia come una goccia d’acqua. Se Henry Jones Senior è “un vero topo di biblioteca” ossessionato dalla fobia per i ratti, suo figlio è stimatissimo come docente, ha la fobia per i serpenti, ma non sa resistere al richiamo dell’avventura: dopo la croce di Coronado cercherà ai quattro angoli della terra gli oggetti più introvabili: l’Arca dell’alleanza; Shivalinga, la pietra sacra di Sankara; la coppa del Sacro Graal; il Teschio di cristallo di Akator in Perù; il misterioso Quadrante della Vita che può mutare le sorti del mondo.

Sulla sua strada duella contro le più diverse specie di nemici: prevalentemente nazisti ammalati di occultismo, ma anche trafficanti di tesori perduti, affaristi cinesi, ufficiali russi del Kgb, ex nazisti arruolati dalla Nasa per i progetti spaziali. E naturalmente ad ogni episodio rischia di innamorarsi di una donna diversa: se Marion alla fine prenderà il suo cuore per sempre, non disdegna la seduttiva Wilhelmina Willie Scott (una bionda tutto pepe che lavora al night Obi Wan, un nome che rimanda subito a Star Wars); la focosa studiosa austriaca Elsa Schneider che si scoprirà essere stata a letto con suo padre prima di circuire il figlio; l’algida e crudele scienziata russa Irina Spalko.

E se nell’ultima avventura, ormai pacificato nei sensi, Indiana si dedica a fare da patrigno alla figlioccia Helena Shaw che lo metterà nei guai, uno sguardo nostalgico è riservato al’agente segreto Mason, incaricata di spiarne le mosse. Lo  schema di amici/vicarii, nemici sconfitti, innamorate/femmes fatales è mutuato scopertamente dalla saga di James Bond e la biografia di Indiana Jones curata da James Luceno nel 2008, deve molto al saggio di Umberto Eco su 007.

Con Indy – alias Henry Jones Jr. – si viaggia nel tempo dai primi anni del ‘900 fino all’allunaggio nel ’69. Il mondo cambia intorno a lui, ma lui cambia ben poco, nel segno dell’epica, dell’ironia, del paradossale. Proprio per questo ci piace tanto, perché attraversa la Storia come una favola di cui immaginiamo in anticipo, ogni volta, il lieto fine. Le sue avventure hanno il sapore fantastico dell’Odissea e oggi narrano di un mondo ormai sprofondato nel mito.

Giorgio Gosetti
24 Aprile 2023

A caccia del mito

A caccia del mito

MGM, 100 anni dopo il leone ruggisce ancora

L’avventurosa storia della Metro Goldwyn Mayer, una fabbrica di sogni nata il 17 aprile 1924

A caccia del mito

Gli 80 anni di John Milius, ovvero come non capiamo gli americani

John Milius si definisce “un anarchico Zen e un samurai americano” ed è in questo impasto di culture e contraddizioni che bisogna indagare per capire la grandezza e la segreta follia dello sceneggiatore di Apocalypse now

A caccia del mito

Marlon il magnifico: cent’anni fa nasceva un mito

Alla riscoperta di Marlon Brando, l'uomo che sta in testa a ogni classifica degli attori più importanti di sempre

A caccia del mito

Greta vs Greta, 100 anni fa nasceva la leggenda di Greta Garbo

A un secolo da I cavalieri di Ekebù, ripercorriamo la vita e la carriera della Divina


Ultimi aggiornamenti