Pupi Avati: “Edwige Fenech e Gabriele Lavia per raccontare fallimento e sogni”

La quattordicesima domenica del tempo ordinario di Pupi Avati in uscita il 4 maggio con Vision Distribution


Un film nato attorno alla canzone scritta da Pupi Avati con Sergio Cammariere, La quattordicesima domenica del tempo ordinario. “Da sempre mi sarebbe piaciuto lavorare con un grande regista come Pupi – racconta il musicista – e lo dissi in un’intervista, così quando ci incontrammo per caso in via Margutta, iniziò un rapporto che ha portato a questo brano, struggente ed evocativo. Con un testo, scritto da Pupi, che si apre con l’endecasillabo ‘ovunque nella stanza ci son sogni, quello è stato il punto di partenza. Ho fatto parecchie colonne sonore ma questa la considero la più importante”.

Esce in sala giovedì 4 maggio con Vision Distribution il nuovo film di Pupi Avati, dopo Dante. Questa è la sua storia più autobiografica, come spiega lo stesso regista, autore prolifico e sentimentale. Gabriele Lavia ed Edwige Fenech sono i protagonisti, nei panni di una coppia separata dalla gelosia di lui e dalle scelte controcorrente di lei, ma che si ritrova dopo 35 anni a un funerale.

A Bologna, negli anni ’70, Marzio e Samuele sono un duo affiatato con un brano da mandare a Sanremo, mentre Sandra è la ragazza più bella della città, che si sogna indossatrice. Mentre i due amici fondano il gruppo musicale I Leggenda, Sandra inizia a sfilare per un marchio di moda locale, sposa Marzio ma non ne sopporta la possessività e si avvicina al più posato Samuele.

La “quattordicesima domenica del tempo ordinario” è il giorno del matrimonio ed è anche il titolo dell’unica canzone incisa dal duo, destinata a tornare più volte nel corso del film. Esprime un sentimento di nostalgia e di occasioni perdute che molto si confà al regista bolognese. “Mi sono sposato il 24 giugno del 1964 – racconta l’84enne Avati – ed è stato il giorno più felice della mia vita. Dopo una rincorsa un po’ dantesca di quattro anni, ero riuscito a conquistare quella che consideravo la ragazza più bella di Bologna. Ecco, in questo film parlo di me in modo tutt’altro che pudico. Racconto che la felicità non è per sempre e non è come la immaginiamo, quel giorno speciale ha prodotto tante cose, gioie e dolori”.

“A 80 anni – prosegue Avati – si fanno i rendiconti e questo è il film più sincero della mia filmografia. Sono un eclettico, ho praticato tutti i generi tranne il western. Però mancavano alcune confidenze”. Racconta anche di aver scelto il poco più giovane Gabriele Lavia come suo alter ego ed Edwige Fenech per l’aura di bellissima conturbante che la circonda da sempre. “Negli anni ’80 era Edwige la più bella. In questo film non fa la doccia, anche se una doccia si vede. Credo che la scelta di Edwige sia paragonabile ad altri azzardi dei miei film precedenti, i produttori furono sconcertati all’inizio quando pensammo a Renato Pozzetto o Katia Ricciarelli. Ma in Italia è importante dilatare i confini del fare casting. Da noi si gioca con una rosa ristretta, tutti fanno la fila fuori dalla porta di Favino, mentre invece ci sono persone lontane dai riflettori che aspettano solo di essere chiamate. Da me naturalmente”.

Per la star di tante commedie sexy, questo ruolo drammatico è stato “un miracolo”. “Non mi aspettavo più di tornare a fare cinema, da sette anni avevo deciso di chiudere anche se mi erano arrivate delle proposte che però non mi piacevano. Quando Pupi mi ha raccontato il personaggio di Sandra, ho fatto i salti dalla gioia. Ho fatto tanti film che adoro, ma questo era il ruolo che aspettavo da sempre, specie in questa fase della mia vita, oggi che sono una signora matura”. E manda un pensiero alla collega Michelle Yeoh, fresca di Oscar. “La conosco, è una persona deliziosa e un’attrice strepitosa. Meritava l’Oscar. Quanto a me vedremo cosa succederà, abbiamo dei bellissimi premi anche in Italia”.

Racconta Gabriele Lavia: “Ero a Milano a recitare al Teatro Strehler e Pupi mi ha chiamato per propormi il ruolo. Ci siamo ritrovati tanti anni dopo Zeder, che girammo nel 1983. È stato bello, ed è stato bello condividere il tempo con Edwige, un tempo non ordinario, ma straordinario perché il sentimento che nasce sul set o a teatro non è paragonabile a nulla, se non forse a quello che provano i militari al fronte”.

Il cantautore bolognese Lodo Guenzi – già attore in Est – è Marzio da giovane. “Quando leggi un poeta ti sembra che parli di te. Così è stato con Pupi. La sera prima ero andato in un piccolo locale dove c’era un amico che suonava dopo dieci anni che aveva smesso. Lui era il più bello, il più bravo di tutti noi ma gli era andato tutto male. Aveva portato gli amplificatori in treno perché non ha neanche la macchina. Il giorno dopo mi è arrivato il ruolo di Marzio, un fallito ma meno fallito di me. Perché io ho avuto un pochino di successo e so che il successo non cambia niente, che la distanza tra i tuoi sogni e ciò che puoi ottenere nella vita resta incolmabile. Lui invece ancora crede che un giorno scriverà la canzone che gli cambierà la vita”.

Massimo Lopez è l’amico e rivale in amore. “Desideravo essere in un film di Pupi. Come molti comici sentivo la necessità di sperimentare un ruolo drammatico. Avati mi ha stimolato a tirare fuori qualcosa di diverso”.

Per Avati nel film c’è “un dosaggio di varie temperature emotive”. “Ci poteva essere autocelebrazione e compiacimento, pur raccontando la storia di un fallimento, ma non è così. Siamo tutti falliti rispetto ai nostri sogni. Non sono appagato e alla nostra età si diventa incontinenti. Raccontando la mia vita ho la presunzione di aver raccontato anche la vita degli altri”. 

La quattordicesima domenica del tempo ordinario è una produzione Duea Film, Minerva Pictures con Vision Distribution in collaborazione con Sky, prodotto da Antonio Avati, Santo Versace, Gianluca Curti. Nel cast anche Camilla Ciraolo, Nick Russo e Cesare Bocci nel ruolo del padre di Marzio.

Cristiana Paternò
27 Aprile 2023

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