RASSEGNA STAMPA


Accoglienza non entusiasta, il giorno dopo l’anteprima stampa, per il burattino di Roberto Benigni. Non mancano gli apprezzamenti, le lodi al cast del film, a cominciare da Kim Rossi Stuart per l’interpretazione di un convincente Lucignolo. Ma è lui, il regista e protagonista, a non mettere d’accordo la critica, che sembra rimpiangere la poesia de La vita è bella. Colpa della fagocitante presenza Miramax? Dell’enorme macchina da guerra promozionale messa in campo? O dell’eccessiva fedeltà al testo di Collodi? Attendiamo il giudizio del pubblico.

Fabio Ferzetti (Il Messaggero)
C’era più Pinocchio nel Piccolo diavolo e in tanto altro cinema e teatro e tv del geniale comico toscano (sempre meno toscano, spiace dirlo), che in questo Pinocchio… Benigni non sceglie, fra lo stupore dell’essere bambino e l’orrore del divenire adulto, si tiene saggiamente a metà. E il film, con tutti i suoi personaggi e i suoi trucchi, non spicca mai il volo.

Maurizio Porro (Il Corriere della Sera)
Benigni con il suo vestitino di carta fiorita, non insiste per banalizzare e attualizzare, pur ricevendone in dote dal libro che per primo gli consigliò Giuseppe Bertolucci, temi di ghiotta contemporaneità: la giustizia “ingiusta” di classe, la bugia diventata prassi… Benigni, con grande saggezza e fiducia nella suggestione delle meraviglie, ha preferito voltare pagina dopo il ‘caso’ meraviglioso della Vita è bella e rifugiarsi nel regno della Fantasia… è giustissimo nella parte, spesso sottilmente spiritoso, si arrampica da tutte le parti, materialmente e psicologicamente. E ha scelto benissimo il cast, a partire dalla sua metà, la fata Turchina.

Natalia Aspesi (la Repubblica)
L’entusiasmo, la cultura, la passione, il denaro, la professionalità, la sensibilità, il talento: tutto era pronto per fare un capolavoro. Ma per esserlo, che strano, a questo Pinocchio manca qualcosa, non si sa cosa, forse quell’imponderabile, inclassificabile, involontaria e misteriosa luce che si chiama magia… E’ chiaro comunque che attorno al povero Pinocchio 2002, per nostra fissazione ignota negli altri paesi, si scatenerà la solita tempesta di fantapolitica. Con schieramenti trasversali, e cuori divisi, e assurde invettive di parte.

Maurizio Cabona (Il Giornale)
Un film pensato per incassare tanto, ma gli adulti sappiano non è, neanche nello stile, il seguito della Vita è bella, anche se produttori, regista, sceneggiatori e protagonisti sono gli stessi… A difettare in Pinocchio è invece l’emozione: il film procede levigato e smaltato, corretto e lineare, con qualche ellisse di troppo, ma soprattutto sempre sulla stessa tonalità: marachelle, delusioni, inganni, punizioni, redenzioni sono senza accento, salvo l’accompagnamento musicale prevedibile di Nicola Piovani.

Lietta Tornabuoni (La Stampa)
Benigni, leggero e svelto come un acrobata, affida la natura puerile, burattina e monella di Pinocchio a un costume incantevole, ai salti, alle corse, agli scatti, alle grida, alle esplosioni fisiche d´una energia e vitalità grandi; purtroppo adotta quella vocetta fessa, un po´ melensa, che venne inventata per lui da Fellini ne La voce della luna… Insomma, culturalmente e creativamente nulla di paragonabile al “Pinocchio” di Carmelo Bene o al Pinocchio di Luigi Comencini, ma un film che non fa alcun torto al classico della letteratura infantile da cui deriva, che potrebbe (speriamo) rilanciarne la lettura.

Alberto Crespi (l’Unità)
La fedeltà al testo è tale che l’attore non si abbandona mai, non sfodera nemmeno una delle tante strepitose tirate che l’hanno reso inimitabile. Per il resto del film, Benigni la butta decisamente sul patetico… lasciando ai comprimari l’onore e l’onere di rubargli la scena.

Gian Luigi Rondi (Il Tempo)
La recitazione di Benigni è in equilibrio fra la spensieratezza e il dolore, ora pezzo di legno agitato e saltellante ora anima sensibile, ferita e impaurita. Mentre, attorno, il mondo che aveva inventato Collodi si propone con colori vividi, prodigo di effetti (non solo speciali), carico di emozioni alternate a momenti comici ed altri teneri, in cui l’avventura di Pinocchio, specie quando, rispetto al libro vi prende più spazio la Fata Turchina, concedendosi delle pause, si veste d’incanti e di magie.

Roberto Silvestri (il manifesto)
Mai noioso, per nulla felliniano (se non nel ‘mood’), nonostante la presenza invadente degli studi cinematografici Papigno-Terni, gioielli prelibati di ogni film-commission… Nel mondo a una sola dimensione”Pinocchio e il suo doppio Benign” è piuttosto spiazzante. Ci insegna a odiare chi sta dentro di noi e vuole prenderne possesso senza autorizzazione. Qualche muso lungo che si aggirava dopo la prima proiezione mondiale sembrava proprio abbandonato senza lottare a questo demone. Ma anche l’atmosfera dopo l’anteprima per critici di La vita è bella, non è che fosse da cerimonia degli Oscar….

(Il Foglio)
“Quell’egocentrico di Benigni, con scene e costumi che gli girano intorno. Il Pinocchio di Collodi risulta alquanto cupo e non e’ allegro nemmeno il film, a partire dal prologo affidato alla fatina Nicoletta Braschi, che spalanca gli occhi come nel finale de La vita e’ bella e spiega subito la morale della favola. Il nostro sta sempre, ma proprio sempre, in mezzo alla scena. L’idillio benignesco sembra sul punto di finire. L’incantesimo finisce: la carrozza torna zucca, i cavalli bianchi tornano topini, e Benigni uno che, come tutte le star, vende l’esclusiva delle sue fotografie”.

Roberto Escobar (Il Sole 24 Ore)
“La favola di Pinocchio è un oceano sconfinato, al pari d’ogni opera davvero grande. E’ difficile tradire un oceano. I più accorti, e i più coraggiosi, provano invece a scendere nelle sue profondità e là trovano tesori. Così fa Benigni… s’immerge nelle avventure della marionetta e ne cava un tesoro. Cioè, ne cava un film che usa la lingua delle favole per parlare all’intelligenza e all’anima”.

Franco Patruno (L’Osservatore Romano)
“Sono grato a Roberto Benigni per avermi reimmerso in tale universo figurativo senza forzature ideologiche… ha indovinato la modalità percettiva per entrare nel mondo di Pinocchio, cioè quella di guardarlo con occhi da bambino… Non c’è tentativo di attualizzare il racconto scritto all’oggi, ed è un’intuizione intelligente”

redazione
07 Ottobre 2002

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