Meryl Streep: “Sarò stonata, ma ho cantato”

Meryl Streep racconta Florence Foster Jenkins, il film di Stephen Frears in sala con Lucky Red ispirato alla storia vera della miliardaria melomane newyorchese


E’ certamente lei la più amata qui alla Festa di Roma. Ogni volta per lei sale piene, applausi calorosi e complimenti che si sprecano. Anzi, in qualche caso, vere e proprie dichiarazioni d’amore, specie dalla platea femminile. Amore ricambiato perché Meryl Streep non manca di sincero affetto per il nostro paese. E l’ha dimostrato una volta di più ribadendo il suo sostegno a Fuocoammare, che ha secondo lei buone chance per ottenere una nomination agli Oscar e forse qualcosa di più. E citando Alba Rohrwacher come una delle attrici che ha raccolto la sua eredità.

La 67enne attrice americana è protagonista di Florence Foster Jenkins, il film di Stephen Frears (in Italia uscirà il 22 dicembre con Lucky Red) ispirato alla storia vera della miliardaria melomane newyorchese diventata famosa perché, pur essendo stonata come una campana, amava esibirsi in pubblico come soprano di coloritura e tenne persino un concerto al Carnegie Hall. Una vicenda già portata sullo schermo dal francese Xavier Giannoli con Marguerite (era in concorso a Venezia l’anno scorso) che qui è costruita attorno al carisma attoriale della Streep, che si mostra invecchiata e senza capelli nei panni della Jenkins, donna generosa e appassionata ma incapace di autocritica. Ricca benefattrice, tra l’altro di Toscanini, è circondata di adulatori e parassiti, e protetta dal marito (Hugh Grant), un ex attore inglese spiantato ma elegante, sinceramente affezionato alla consorte. Ed è proprio il marito a scritturare il musicista gay Cosmé McMoon (Simon Helberg) per accompagnarla al piano: da quel momento le ambizioni della donna crescono, fino a portarla a incidere un disco e tenere un concerto vero, suscitando l’ilarità ma anche la simpatia degli ascoltatori.

Lei, alla scorsa Berlinale, dove era presidente di giuria, ha sostenuto con forza Fuocoammare. Pensa che possa farcela ad arrivare all’Oscar?

Sì, sono orgogliosa del fatto che la giuria di Berlino abbia premiato il film. Non era scontato far vincere l’Orso d’oro a un documentario. ma quella di Rosi è un’opera unica. Negli Stati Uniti leggiamo le statistiche sulle migrazioni, ma quei fatti ci toccano solo quando vediamo un bambino tirato fuori dal mare e salvato. Rosi ha raccontato la storia di un ragazzo e di un medico di Lampedusa e le ha intrecciate con l’orrore degli sbarchi. Ci ha fatto entrare in questa tragedia ma ci ha consentito anche di uscirne. Perché spesso sappiamo come identificare il male, ma non sappiamo come venirne fuori in modo umano. Credo che Fuocoammare abbia ottime chance di arrivare alla nomination.

Come si è preparata al ruolo di Florence Foster Jenkins?

Non avevo mai interpretato un ruolo come questo e mi sono preparata con un insegnante di canto del Metropolitan per poter cantare nel modo migliore possibile e poi imparare anche a stonare. Quando l’ho fatto l’ho visto boccheggiare ma non era un malore, stava morendo dal ridere, allora ho capito di fare bene. La voce che Florence sentiva nella propria testa era intonata: ricordo di aver visto Gershwin suonare al piano e cantare per accompagnare la sua musica. Era completamente stonato, ma certamente lui sapeva qual era la nota giusta, penso fosse così anche per Florence. 

Cantare con passione è più importante che cantare bene?

Cantare senza passione è il peccato più grave, ma anche cantare con passione senza talento lo è. Però è divertente. 

Il marito protegge Florence dalle recensioni negative. A lei è mai capitato di dover essere “protetta” da qualche critica?

Non leggo le recensioni perché non sai mai se ti tenderanno un’imboscata. Specie adesso che ai giornalisti di gossip piace parlar male del mio fisico o dell’età. Certo, sono stata protetta dalle persone che mi vogliono bene, specie mio marito. È così che sopravviviamo.

Lei è considerata l’attrice più brava del mondo. Questa fama le crea qualche problema?

Avverto l’obbligo di smantellare questo edificio… Quando arrivo sul set il primo giorno di riprese questa fama non mi aiuta certo con gli altri attori, sono tutti a disagio. Perciò me ne libero subito, coscientemente o inconsciamente, mi dimentico le battute, oppure vado dalla parte sbagliata, insomma faccio qualche errore e gli altri si rilassano.

Florence è soprattutto una donna infantile, questo la rende sciocca ma anche adorabile.
Sì, è questo lo spirito che la anima. Mi fa pensare a quando i bambini che si mettono davanti ai genitori e fanno uno spettacolo: tu vorresti ridere ma devi prenderli sul serio. Lo facevano anche i miei figli, per ore… Noi tutti da piccoli abbiamo questa fertile immaginazione. Il marito la capisce e la ama. C’è qualcosa che va oltre l’interesse in lui, l’amore che unisce le persone è spesso impenetrabile.

Ha mai pensato di diventare regista?
Alcuni registi che mi hanno diretta dicono che l’ho già fatto… Ma no, non ho mai sentito il bisogno di diventare regista. Ammiro le persone che fanno entrambe le cose, ma io preferisco la soggettività, il non dover avere un punto di vista più globale. Per me recitare non è un lavoro ma un piacere colpevole. Ho sempre provato questo piacere, fin da ragazzina. Mi chiedevo come sarebbe se fossi mia nonna? Così la imitavo, camminavo come lei e mi truccavo per invecchiarmi. È un misto di curiosità e di indagine profonda. Quando immagini il dolore o la gioia di qualcun altro, impari qualcosa anche di te. C’è un aspetto egoistico nella cosa.

Cosa le piace dell’Italia?

Amo tutti (lo dice in italiano). Tutti vorrebbero essere italiani, in tutto il mondo. Me compresa.

Quali attrici potrebbero continuare il suo lavoro in futuro?

Credo di aver aperto la strada alle attrici che vogliono continuare a recitare dopo aver compiuto 40 anni. Ai miei tempi quello era il limite estremo. A 40 scomparivi e poi riapparivi verso i 60/70 per fare dei ruoli orribili. Adesso ci sono molte più opportunità. Un’attrice che ammiro è Alba Rohrwacher, è incredibilmente speciale.

Ha visto Marguerite di Xavier Giannoli, quel film francese che racconta la stessa storia del vostro?
No, non l’ho visto, ma so che esiste. Noi abbiamo cominciato a girare prima di loro ma ci abbiamo messo più tempo.

C’è qualche ruolo che le è sfuggito? Ha qualche rimpianto?
Quello di Jessica Lange nel film di Karel Reisz su Patsy Cline Sweet Dreams: non ho mai perdonato Karel, che era un mio amico, per aver dato il ruolo a lei e non a me. Il minimo che puoi fare per ripagarmi è darmi casa tua, gli ho detto.
 
Possiamo chiederle un ulteriore commento sulle presidenziali americane? 
Non credo di dovermi ulteriormente pronunciare sul sessismo della campagna di Trump. Sta facendo tutto da solo… Tra una ventina di giorni avremo Hillary Clinton presidente degli Stati Uniti e non se ne parlerà più. 

Cristiana Paternò
20 Ottobre 2016

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