Pif: “1943, quel patto tra la mafia e gli Alleati”

Ancora amore & mafia per Pierfrancesco Diliberto in arte Pif. Che con la sua opera seconda, In guerra per amore, racconta una love story romantica ma anche una pagina di storia siciliana poco nota


Ancora amore & mafia per Pierfrancesco Diliberto in arte Pif. Che con la sua opera seconda, In guerra per amore, racconta una love story romantica ma anche una pagina di storia poco nota, basandosi anche su documenti: il tacito patto tra boss e alleati americani che ha reso incruento lo sbarco in Sicilia consegnando però l’isola alla gestione criminale negli anni a venire, come si vede nelle ultime scene del film, una carrellata di trame italiane con la comparsa di personaggi come Sindona e Ciancimino. Il regista palermitano, che dedica il film al suo mentore Ettore Scola, dopo l’esordio con La mafia uccide solo d’estate, torna con quello che considera una sorta di prequel. Anche qui troviamo Flora e Arturo, o meglio i loro nonni, che si amano nella New York del 1943 (e si scattano anche un selfie ante litteram sotto il ponte di Brooklyn). Solo che lei, nipote del celebre ristoratore Alfredo, è promessa sposa al figlio di un boss. L’unico modo per coronare il sogno d’amore è andare in Sicilia a chiedere la mano della ragazza al padre di lei. Un espediente narrativo che permette a Pif e agli sceneggiatori Michele Astori e Marco Martani, di catapultarci in piena seconda guerra mondiale mostrandoci il patto scellerato tra gli yankee e la malavita, con tanto di amnistia di massa a favore di pericolosi assassini che diventeranno sindaci e funzionari. 

Pif, anche interprete della pellicola insieme a Miriam Leone, Andrea Di Stefano, Stella Egitto e a un gruppo di caratteristi siciliani spesso alla prima prova al cinema (tra cui spicca il duo formato da Sergio Vespertino e Maurizio Bologna), si è basato sul cosiddetto rapporto Scotten. “Il dossier, redatto da un ufficiale, spiegava come comportarsi con Cosa Nostra al momento dello sbarco. L’accordo con la criminalità era un’ipotesi contemplata, ma Scotten metteva in guardia il presidente Roosevelt perché gli effetti sull’isola potevano prolungarsi, come è accaduto, per decenni. Gli Stati Uniti, allora come oggi, in guerra si alleano con forze locali di ogni tipo, scegliendo un ipotetico male minore per difendersi da un male considerato maggiore, il questo caso il comunismo”.

Pif rivendica valore didattico al film, che si inscrive nella tradizione della commedia italiana sui temi forti (La vita è bella di Benigni sembra essere uno dei modelli non dichiarati). “Parlando del progetto, ben tre persone, non proprio sprovvedute, hanno confuso lo sbarco degli Alleati nel ’43 con quello dei Mille a Marsala. In guerra per amore non è un documentario ma quattro cose sulla storia della Sicilia le dice”. L’idea è nata proprio un paio di anni fa, mentre Pif stava preparando uno speciale Rai per una serata condotta da Fabio Fazio in occasione dei 70 anni della Festa della Liberazione. “Mi hanno chiesto di fare un collegamento da Gela, dalla spiaggia dove avvenne lo sbarco, ho incontrato dei novantenni che ricordavano benissimo quei momenti, quando non si vedeva più il mare per l’arrivo delle truppe”. E nel film ci sono tanti episodi presi dalla realtà: “Abbiamo giocato sui malintesi, sulle incomprensioni linguistiche e culturali. Ad esempio venivano arrestate persone in lutto perché indossavano la camicia nera e dunque erano reputati fascisti”. Gli equivoci creano le situazioni comiche. “C’era davvero uno che parlava alla statua di Mussolini come se fosse la Madonna, i ciechi venivano usati come radar sul Monte Pellegrino. Per la prima volta, la maggior parte dei siciliani vedeva le persone di colore. E poi gli americani ci consideravano un paese esotico, una terra di primitivi, anche se molti soldati erano di origine italiana o addirittura sicula”.

La storia dell’alleanza con la mafia, rivendica Pif, non è mai stata raccontata. “Sì, c’è un film americano con le partigiane tettone, un altro di Nanni Loy che sfiora l’argomento e c’è Il generale d’acciaio sulla figura di Patton. Ma non si sono mai approfondite queste cose. Non sono antiamericano e sono felice di essere stato liberato da loro: meglio una democrazia pericolante che un regime perfetto ma totalitario. Ringrazio il contadino dell’Ohio che è caduto in Sicilia per difenderci. Ma non credo che sia giusto chiedere aiuto al diavolo per fare del bene. Non funziona così, stiamo pagando ancora il conto: il pericolo comunista ha creato altri pericoli peggiori. Non è un caso che solo con la caduta del Muro di Berlino si siano sbloccate certe cose. Sappiamo che la mafia era anticomunista e spesso democristiana”. E in futuro continuerà a parlare di questi argomenti? “Spero di allontanarmi dalle mie radici, vorrei raccontare il mondo e non mi considero un regista antimafia, anche se sono partito da quello che conosco bene. Prossimamente vorrei denunciare i primi insediamenti mafiosi su Marte”. Infine un commento sul più volte promesso ponte sullo stretto di Messina: “In un paese normale si sarebbe già fatto, ma l’Italia, si sa, non lo è”. 

In guerra per amore, prodotto da Wildside e Rai Cinema, sarà in sala il 27 ottobre con 01 dopo l’anteprima alla Festa di Roma, che l’ha scelto tra i film di pre-apertura. Per Pif “una buona collocazione, perché essere nella selezione ufficiale mi darebbe troppa ansia. Magari crescendo vorrò anch’io partecipare a un concorso”.

 

Cristiana Paternò
12 Ottobre 2016

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