‘Don’t Worry Darling’, Harry Styles in thriller e i tagli hot

Olivia Wilde partecipa Fuori Concorso: 'Viviamo ancora in una società molto puritana' ha dichiarato la regista alla "Associated Press", causa l’imposizione del taglio di alcune scene.


VENEZIA – C’è la mano di una donna dietro all’ultimo thriller del Lido. Ma anche l’assenza (almeno alla conferenza stampa) della “prima donna” di questo “caso”.

Infatti, Olivia Wilde dirige Don’t Worry DarlingFuori Concorso -, film che arriva alla Mostra con un’anima infuocata; l’autrice stessa ha dichiarato all’Associated Press di aver dovuto tagliare scene di sesso dal trailer del film, non lasciando la richiesta senza commento: “Viviamo ancora in una società molto puritana”. E continua spiegando che “La MPAA è stata molto dura con me, hanno voluto cambiare la clip all’ultimo istante e io sono stata costretta a tagliare alcune scene hot. Questa cosa mi ha fatta arrabbiare perché il motivo, per loro, sarebbe che quelle scene avrebbero portato il film in un’altra dimensione”. 

Inoltre, il film sbarca alla Mostra anche senza la sua protagonista, Florence Pugh, secondo rumors raccolti da “Variety” per dissapori recenti con la regista, che però, in conferenza stampa, dice: “Florence è una forza, siamo grati riesca a essere qui stasera anche se impegnata in una produzione. Per il gossip: Internet si basa su queste cose”.  

In ogni caso è lei la protagonista (Alice), insieme al cantautore e attore Harry Styles (Jack): una vita “da Truman Show” – o anche solo simile a quella iniettata sottilmente sotto la cute del tessuto sociale di alcune grandi multinazionali reali -, infatti vivono in un luogo idealizzato, una città aziendale sperimentale, i cui abitanti maschi sono persone impegnate nel progetto top secret che porta proprio il nome del luogo, Victory (e Victory Project). La storia diretta dalla Wilde è basata su quella di Carey Van Dyke & Shane Van Dyke e qui sceneggiata da Katie Silberman

“Mi è sempre interessata l’iconografia anni ’50-‘60 americana, un’epoca molto seduttiva per progettare Victory. Con la sceneggiatrice ci interessava ci fosse questa felicità per pochi, la Casa Kaufmann era il nostro sogno, ci aveva ispirati: con questo film ci dobbiamo ricordare che tutto è una metafora e Victory deve far pensare che tutto ciò che è bello è anche sinistro. È un mondo basato su esperienze reali come Manhattan Project. C’è una grande iconografia fascista perché parliamo di potere e abuso di potere. È un film che non ha tempo e credo porterà le persone a domandarsi il ruolo delle istituzioni. Credo sia un po’ un cavallo di Troia: vogliamo sia intrattenimento ma anche capace di creare dibattito. È un film dei nostri tempi e Alice è una rivoluzionaria: voglio questi siano i supereroi di oggigiorno”, spiega la Wilde. 

Mentre l’ex membro degli One Direction commenta: “Credo sia divertente rappresentare un personaggio di un mondo che non è il tuo. Credo siamo stati fortunati perché questo mondo è stato costruito in modo così realistico che sembrava davvero così anche per noi. Credo che tutti noi viviamo in una versione della nostra bolla protetta e che il messaggio del film sia: a cosa si riesce a rinunciare per uscire dalla bolla di sicurezza? A Victory abbiamo modo di negare l’esistenza di queste cose, ma credo la cosa giusta sia non farlo”. L’attore e musicista è stato atteso tutta la giornata da fan in delirio ai bordi del carpet e ovunque pensassero di poterlo intercettare (leggi la news) e, sollecitato dalla stampa a commentare un cartello di una di loro, che recitava “sei il mio unico motivo di vita”, dice: “Wow! Sono grato alle persone che mi hanno supportato e mi supportano ma soprattutto agli amici che mi hanno sempre dato un luogo in cui sentirmi me stesso. Mi sento molto fortunato ma tento di non guardare troppo avanti, procedo un giorno alla volta. È divertente essere in entrambi i mondi – la musica e la recitazione – e osservare come interagiscono”. 

Tornando al film, l’altro cardine è il personaggio di Frank (Chris Pine), AD della società, nonché mentore, life coach, insomma “santone” entusiasta della quotidianità di Victory, che imprime la propria visionarietà e il proprio “marchio” vitale alla vita di quel microcosmo fuori dal mondo. “Per Frank il caos è distruttivo: il film cerca di suggerire che controllare le persone non porti all’utopia. Ecco anche perché siamo nel deserto e non siamo nella celebrazione di Madre Natura: cercare di controllare l’essere umano non è mai una buona idea”, continua la regista. Mentre per l’attore: “La cosa fondamentale è il linguaggio, un’arma per questi leader. Ma Frank è un ologramma di una figura connessa alla bellezza e all’ottusità. Abbiamo cercato di creare una rete con le sue parole, è una cosa che facciamo tutti i giorni nelle nostre vite per controllare il caos, e lui lo fa per controllare le persone. Nella scena della festa ha un fervore messianico che forse ricorda Hitler”. 

Nel nucleo operativo del Victory Project si lavora per lo sviluppo di materiali avanguardistici, questo l’impegno degli uomini, mentre le mogli – tra queste anche la sofisticata Shelly (Gemma Chan) – “fanno le signore”, occupandosi di godere del lusso – nonché della dissolutezza – della loro comunità. Sembra un mondo ideale, una vita senza peccato, perfetta insomma: tutte le esigenze sono soddisfatte e in fondo l’unica richiesta, in cambio di questo eden, è la discrezione sul progetto e la dedizione alla causa. Ma la perfezione è sempre parete frontale dietro cui si nasconde l’inquietudine, e la cosa non è differente a Victory, così come non lo è nelle esistenze delle persone che la vivono e Alice stessa comincia a porsi l’interrogativo su quale sia la meccanica di quell’oasi nel deserto. È pronta e disposta a rompere la promessa di discrezione e puntare un faro su cosa stia realmente accadendo in quell’apparente involucro dorato?

Olivia Wilde è la mano dietro la macchina da presa della storia di un thriller in cui non c’è solo l’intreccio del mistero delle dinamiche ma anche quello psicologico, e gli elementi tutti si ordiscono con complessità e stupore della visione, restituita anche dalla confluenza di un lavoro corale che annovera la fotografia di Matthew Libatique, due volte nomination agli Oscar (A Star Is Born, Black Swan), del compositore John Powell, anche lui nominato per la Statuetta (Jason Bourne), e della costumista Arianne Phillips (C’era una volta… a Hollywood).

Don’t Worry Darling esce, distribuito in tutto il mondo da Warner Bros. Pictures, nelle sale italiane il 22 settembre 2022.

Nicole Bianchi
05 Settembre 2022

Venezia 79

Venezia 79

Biennale College: aperto il bando per l’edizione 2023

E' possibile iscriversi per team di nazionalità italiana composti da registi alla loro opera prima o seconda, associati a produttori che abbiano realizzato almeno tre audiovisivi

Venezia 79

Barbera: “E’ stato un festival intelligente e innovativo”

"Il cinema italiano ne esce bene. E anche Netflix". Bilancio di fine Mostra per il direttore Alberto Barbera e il presidente Roberto Cicutto. Si registra un +6% di biglietti venduti rispetto al 2019. Tra i temi toccati anche il Leone del futuro ad Alice Diop, documentarista attiva da più di dieci anni

Venezia 79

Guadagnino: “Bones And All, una storia d’amore viscerale e inesorabile”

Abbiamo incontrato il regista Leone d’argento – Miglior Regia: “Non penso sia un film horror ma una storia d’amore, come non credo che L’Esorcista non sia un horror ma un film bergmaniano fatto a Hollywood”. Bones and All esce in Italia – e nel mondo – dal 23 novembre

Venezia 79

Panahi e Nan Goldin, sedie vuote e sete di libertà

A volte i veri protagonisti sono gli assenti, come il regista dissidente Jafar Panahi, imprigionato da ormai due mesi, a cui Luca Guadagnino e Laura Poitras dedicano i loro premi


Ultimi aggiornamenti